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vita. Vero è che nel linguaggio della moda prevale la parola francese.
Chenil club: alla francese o Kennel club all’inglese chiamano in Italia una Società per l’allevamento ed incremento della razza canina. Forze della imitazione, che ogni commento sarebbe sciupato!
Chenille: specie di passamanteria vellutata e di seta: se ne fanno scialletti e nastri. È voce francese tradotta in ciniglia che è voce dell’uso e registrata. Il Littré la fa derivare da canìcula = cagnetta, quasi pelame canino.
Chèque: parola d’importazione inglese: check, dal verbo to check = controllare, verificare, che i francesi mutarono in chèque e noi accogliemmo così. Nel linguaggio commerciale lo chèque è un buono a vista tolto da un libro a matrice, dato dal debitore al creditore, il quale lo può riscuotere dal banco o dalle succursali presso cui il debitore è accreditato, e con sua firma girarlo ad altri. L’impiego di questa moneta fiduciaria fra privati è una invenzione dei banchi italiani delle città marittime nostre, così gloriose nell’evo medio, e serviva, come lo chèque a facilitare i pagamenti e ad evitare il trasporto di grosse somme. In buon italiano lo chèque dicesi assegno bancario, ma questa parola parmi aver piuttosto sua dimora nel Codice di Commercio Italiano che nell’uso degli italiani. Notiamo ancora come all’estero sia assai diffuso il costume di pagare mediante assegni, non solo fra commercianti, ma fra privati.
Cheviot: lana d’agnello di Scozia: stoffa intossuta di questa lana.
Chevreau = capretto. Eppure guanti di chevreau, scarpe di chevreau dicesi in modo elegante. È evidente: la voce francese ha forza di accrescere presso di noi il valore commerciale della merce!
Chez soi, chez nous, etc. il primo senso etimologico che si ritrova nella antica scrittura francese à ches, en chiés = a casa, ha dato luogo al secondo senso avverbiale della parola, corrispondente al latino apud = presso, apud maiores nostros = chex nos ancêtres. Nelle forme dialettali la voce casa è rimasta viva col valore press’a poco da traslato francese. Es. A casa mia anche a casina mia si fa così! cioè io voglio, io faccio così. Don Abbondio dolendosi della sublime fretta del cardinale Borromeo che lo mandava al castello dell’Innominato a salvare Lucia, dice: a casa mia si chiama precipitazione. Manzoni, Promessi Sposi, cap. XXIII.
Chiamar pane il pane e — altri aggiunge — vino il vino: motto nostro per dire chiamar le cose col loro nome senza riguardi nè sottintesi. Mettere i puntini sugli i: dicesi familiarmente quando si spiega una cosa in modo tale da vincere ogni riguardo, o circospezione, o sottinteso, specie supponendo che la persona a cui si parla possa trarre profitto dalla nostra delicata prudenza.
Chiamare: per chiedere, domandare, Es.: chiama il conto; ho chiamato una birra, è inelegante idiotismo lombardo esteso ad altre regioni. Cfr. l’idiotismo toscano domandare per chiamare.
Chianti: è nome non di un vitigno, come molti credono, ma di una ristretta contrada di Toscana che ha per centro Radda e si estende a settentrione fin presso Greve e a mezzodì fin presso Siena. Sotto questo nome vanno abusivamente in commercio i vini toscani.
Chic: parola dell’uso familiare, comunissima anche da noi e dirò popolare per indicare eleganza, finezza, congiunte ad originalità: «un capello chic, quest’abito ha dello chic, oh, che chic! mia moglie non ha chic.» Il Littré a questa parola crede trovare l’etimologia nel tedesco Schick = attitudine, maniera. Forse, secondo altri, da chicane, che vuol dire i puntigli, i cavilli, le sottigliezze di una disputa. Notisi ancora come l’Accademia francese nell’aprile del 1902 registrò, accettandola, questa voce arbitraria, la quale, forse, quando sarà registrata nel gran dizionario francese avrá perduto parte del suo vivo senso.
Chiave (a): si dicono quei romanzi o drammi, etc., ove si adombra una storia o fatto accaduto a personaggi vissuti o viventi.
Chicane: cavillo, processo capzioso e puntiglioso. Da noi la gente mondana usa spesso questa parola francese per indi-