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Prefazione xi

le voci tecniche e scientifiche? Per amor di Dio! mi si intenda con discrezione. A fare lo spoglio e dar ragione di tutti i termini di una sola disciplina scientifica, si forma un dizionario speciale: e queste sono opere tecniche di cui, chi desidera, può trovarne molte, e alcune ottime, in particolar modo nelle letterature straniere: no, io accolsi fra le parole della scienza soltanto quelle che entrarono e si aggirano, con orbita più meno frequente, nel parlare comune o d’onde si traggono sensi estesi alle cose della vita. Criterio di scelta molto difficile e soggettivo, in cui l’errore è tanto facile quanto compatibile, convengo; ma come fare altrimenti?

Fermato così il pensiero dell’opera, è stato un affluire da tutte le parti di questi vocaboli, come fosse stato aperto un asilo.

Ecco le capricciose, altere e petulanti parole della moda, delle eleganze, delle mondanità, posate come iridate farfalle sui fiori del giornalismo, prediletto loro veicolo, per giunger dall’estero in questa troppo ospitale terra d’Italia (importazione a sistema di libertà, cioè che non paga dazio); ecco con superbo incedere una folta schiera di parole, di formazione dottrinale, che si gloriano di rappresentare in tutto il mondo le ultime conquiste del pensiero e portano luminosi stendardi di vittorie; ecco, travestita all’italiana, un’altra numerosa schiera di parole straniere, prepotentissime, che si sono sovraposte insolentemente ed hanno dato lo sfratto ad altrettante belle e gentili parole nostre; ecco il pianger di queste, ferite a morte o combattenti invano, e dicono che sono belle e forti e che muoiono solo per viltà di chi in patria le tradisce e abbandona; ecco goffi e deformi costrutti e voci, frammisti a bislenche e bislacche locuzioni curialesche — veri micròbi mummificatori del libero e gentil nostro idioma; e in mezzo ad esse, col giglio in mano e incedere a ritmo — vergini o cortigiane? — le parole estetiche della nuova retorica; e, quali eredi di antica sapienza, voci palliate e togate, le quali dicendo che in ogni libro era dato loro onorevole luogo, tale pretendevano anche in questo; ecco le parole speciali della medicina, dell’ingegneria, della meccanica, dell’elettrotecnica, dell’economia politica, del giornalismo, dello sport, etc. etc. linguaggi minori nel gran linguaggio, piccoli moti nel gran moto delle parole. Insomma queste ospiti erano tante e di tante generazioni che io ne ebbi la casa, o, per dir proprio, la testa in confusione e peggio fu quando mi posi ad interrogare quelle che meno conoscevo: chi siete? d’onde venite? quali documenti recate con voi? siete figlie legittime o bastarde? quanti anni avete? con casa e tetto, oppure vagabonde parole?