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Cap — 79 — Car

il disco della pasta con un anello. A Milano poi tortelli (tortèj) son detti le fritolle di pasta lievita, voce che fuori di Milano non sarebbe intesa in questo senso. Dopo ciò mi pare ragionevole la chiosa del Cherubini alla voce ravioeu: «anche nel rispetto della cucina noi ci facciamo stranieri l’un l’altro ad ogni palmo di terra del fortunatissimo stivale». Ma è pur ragionevole osservare che la ammirevole varietà delle squisite cucine italiane è cagione che vari siano i nomi dati alle cose.

Cappello: nel gergo giornalistico significa proemio, prefazione, preambolo ad alcun scritto. Prender cappello: è modo familiare di alcune regioni che vuol dire aversene a male, impermalirsi, detto così dal fatto che colui il quale se ne ha per male, prende il cappello e se ne va.

Cappuccino: caffè nero corretto col latte. Voce dell’uso, derivata probabilmente dal colore simile alla tonaca del frate cappuccino.

Capra o biga: apparecchio usato per alberare cioè mettere a posto l’albero delle navi. Consiste in due grandi aste, drizzate in coperta, incrociate in cima con solida legatura, le estremità poggianti su zoccoli, collocati sui trincarini in direzione della mastra dell’albero che si vuol collocare.

Capriccio: (da capra, cfr. il fr. verve) dicesi di passione amorosa, subitanea, passeggera, irragionevole. Voce frequente su labbra femminee. Nella locuzione far di capriccio e parlando di arti del disegno, vale operare di fantasia, senza togliere dal vero: il lavoro stesso così fatto. Capriccio dicesi pure in musica per indicare un genere di componimento puramente istrumentale.

Caprifico: (ficus Carica, varietà Caprificus) è il fico selvatico, a frutti verdi o violetti, non mangiabili, crescente su lo rupi su vecchi muri nei paesi a clima mediterraneo. Ricorda, o lettore, l’aereo fico selvaggio su le mura delle porte Scee di cui Omero ragiona e sotto cui Ettore fu morto da Achille.

Càpsula: (lat. capsula diminutivo di capsa = cassa). Si dico, come già in antico, dei libri, cioè dello piccole cassette ove si contengono opuscoli carte, etc. nelle biblioteche.

Capuchon: = cappuccio o mantello con cappuccio. V. Capote. Nel linguaggio elegante della moda è in onore la voce francese.

Caramba!: esclamazione di sorpresa e di meraviglia, tanto per notizia lieta come cattiva, usata nell’America spagnuola e in Ispagna.

Caramella: dicesi in modo familiare di quella lente che per vezzo taluno incastra nell’orbita dell’occhio.

Caratista: colui che è socio in una società commerciale in accomandita semplice. Caratista è voce familiare derivata da carato = quota.

Carattere: V. Caratterizzare.

Caratterizzare: per dimostrare, rivelare, distinguere, qualificare, è dai puristi reputato gallicismo (caracteriser). Ma siamo al solito caso: questo verbo è così il sostantivo carattere = indole, rispondono ad un concetto concreto ed inteso universalmente. Come dunque condannarli con fiducia che la condanna sia intesa? Le ragioni addotte dai puristi sono le seguenti: Carattere — osserva il Tommaseo (Sin.) — è quasi l’impressione che la natura e gli affetti e i pensieri e gli abiti stampano nell’anima e nelle azioni dell’uomo. Quindi è che diciamo: uomo senza carattere, la cui anima non ha fermezza, e par che si lasci in sempre nuove forme rimpastare. Carattere forte, fermo, maschio, bel carattere, gran carattere: locuzioni etimologicamente proprie. — Ma l’usare carattere per indole, natura, naturale, è un’esagerazione degli imitatori de’ Francesi, per i quali tout le monde a du caractère.

Caratura: quota, anche variabile, di parte del capitale di una società commerciale in accomandita semplice.

Caravanserraglio: fr. caravansérail. Parola formata da voci arabe per indicare quel recinto, specie di albergo, ove si ricoverano le carovane.

Caravella: καραβώδης lat. carabulus) voce storica specialmente pel ricordo di Colombo che alla grande impresa mosse con tre caravelle. Indicò una specie di vascelli usati particolarmente dai Portoghesi, molto leggieri e veloci. «Sono pic-