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di Alfredo Panzini | 419 |
con diversa sì, ma non minore ammirazione con cui guardava il gatò, gli zamponi nelle vetrine dei negozi. Disse:
— Capisco: lei si è messo a posto.
— M’aggio acconciato buono! Cosa volete? Essa si è innamorata delle bellezze mie sin da quando io portavo la montura del Pulcinella che voi sapete; e l’aggio sposata.
La donna recava, intanto, un quartuccio di vino...
— Che vino hai dato al signor maggiore? Porta porta quell’altro, e taglia di quell’affettato. Sbrìgati!
E parlava alla donna per imperio, non altrimenti che il signor maggiore parlava a lui quando rombava il cannone, lassù.
Chè se il baccalà era buono, più buono era il vino, ma più buono era l’affettato, con grande sorpresa del signor maggiore che vi sentì sotto il vero maiale.
Il giovane concluse la sua storia dicendo:
— Teniamo una nostra masseria, e facciamo il vino, e ammazziamo i nostri maiali! Morte alla borghesia! Evviva noi! Evviva il comunismo!
***
Ma i piatti erano già esauriti, come diceva il signor maggiore.