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di Alfredo Panzini 405

murari e degli «ordini del giorno» contràstano con quelle gioiose mondanità. Poi ne viene un senso di nausea, di imbarazzo spirituale.

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Ieri, a mezzodì, dal senatore Ferraris, con l’amico Cena. Il senatore Ferraris ci ricordava con contenuta soddisfazione il suo programma, già stampato nella Nuova Antologia sino dal 1915: «Concorso giapponese, previsione di guerra lunga, occupazione immediata di Costantinopoli, razionamento a tempo, entrata dell’Italia in campagna quando la Russia fosse giunta a Vienna».

Cena disse: — Il nostro popolo, invece, quasi credeva che noi facèssimo la guerra all’Austria col permesso della Germania.

Io non dissi parola, ma il programma del senatore Ferraris era troppo bello. Mi ricordava il duello del Sior Pànera del grande Ferravilla: «Se lei si muove, come la posso infilzare con la spada?»

L’on. Ferraris e Cena erano afflitti, ma, da buoni piemontesi, erano tranquilli.

— Per salvare l’Italia... — cominciò Cena.

— Bisogna abolire tutti gli aggettivi — dissi allora io.

Mi guardàrono un po’ meravigliati, ma io avevo in mente i manifesti, letti per le vie, al