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di Alfredo Panzini 353

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Andiamo, nei dì seguenti, in giro per la città. Caffè, teatri, cinematografi, Gambrinus, Trianon, gremiti sino oltre mezzanotte. Gino ha una nostalgia dei tremila metri! Giornali illustrati altèrnano quadri macabri della guerra e quadri delle fini intime toilettes delle signore che si rispèttano.

Una signora mi dice in proposito: «Non faccia il puritano!»

«La signora — mi osserva Gino — ha pienamente ragione». Terribile! Ma la signora mai capirà. Epppure è intelligentissima.

Ci siamo fermati davanti ad un negozio di pasticceria all’angolo della Galleria. Porta la scritta: «tea-room al piano superiore». Su mènsole cristalline pòsano torte gelatinose, sciroppose, rare, strani gâteaux, friandises su pizzi delicati. Dietro i merletti delle vetrine si vede una sala con gli stipiti bianchi delle porte, rincorse da scorniciature dorate.

— Dicono che un caffè costi una lira.

— Non so.

Un’espressione di uomini ciechi, di umanità inguaribilmente cieca!

La nèbbia, venendo ad ondata dalla piazza faceva scenario alle vetrine dei gâteaux.