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di Alfredo Panzini | 349 |
vranno vivere, non a noi che dobbiamo morire. I giornali rappresentano il soldato italiano àvido di glòria e di battaglia. Inesatto! Alcuni sì, come gli alpini. Inesoràbili, abbarbicati coi piedi sulla roccia. Sentono la terra e la guerra. Ma cosa ne è rimasto di questi alpini? Ma il povero soldato, il contadino... Noi facciamo la guerra anche con furore, ma nel tempo stesso aboliamo la guerra. Il nostro soldato non è stato ubriacato dalla guerra. Conserva il senso delle cose sacre ed eterne.
I cecchin colpiscono dietro le spalle. Distùrbano dall’alba: tac-pum-gnau. Come il cadere dell’acqua da un rubinetto mal chiuso. Dove sono? Nelle retrovie, in luoghi inaccessibili. Gli alpini ne hanno abbattuti parecchi senza pietà. Terribile su la neve, di notte, essere di sentinella avanzata! Gli austriaci, su gli sci, piòmbano scivolando, vestiti di bianco (i pagliacci) e uccìdono. Spesso a tradimento, ingannando, simulando di essere soldati italiani. Parlano italiano.
I proiettili dell’artiglieria, nulla! Se ne conosce il suono. I trentacinque si sèntono come stantuffi. C’è tempo da nascondersi. Le mitragliatrici, ecco! La terribile arma: è la Germania. Sembrano motociclette. È la guerra meccànica. Con la paletta, in fùria e calma insieme, il nostro