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340 Diario sentimentale

spesso a Milano in gennaio, ed è più melancònico della nèbbia.

Stette un po’ come lagrimosamente a guardarmi. Ma aveva una cera assai flòrida, più dello scorso maggio quando ritornò di Spagna. Pareva uno che viene dalla bagnatura, l’estate.

Veniva in breve licenza dal fronte, dal «vero fronte» sottolinea, dove è rimasto per mesi: ha tagliato reticolati, posato tubi di gelatina, vissuto nelle prime trincee, preso parte a fazioni, con molti morti.

— Sì, caro professore, — diceva con tutta tranquillità — con molti morti.

— Dove si trova lei?

— Oh, in una zona relativamente tranquilla, ideale rispetto all’Isonzo: sopra Cortina d’Ampezzo, nel Cadore.

— Ma non era lei alla scuola di Modena?

— Infatti ero alla scuola di Modena: ma non mi sentivo di comandare, di far l’ufficiale. Dopo la morte di Serra — dice con voce piana e strana come se avesse aperto a me il sipàrio della sua coscienza — ho chiesto di essere mandato al fronte come soldato. Ora sono caporale.

Sono andato di là nello studio: gli ho fatto vedere una lettera della madre di Serra, ricevuta ieri l’altro, dove ella riporta queste parole