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di Alfredo Panzini | 281 |
gione delle cose create; e cercava, non le parole, ma la parola, la quale tanto più è gloriosa quanto più è umile, perchè la parola non deve glorificare lo scrittore, ma deve glorificare la cosa.
Oh, staccare una pervinca di primavera e conservarla così per tutto l’anno; oh, prendere un fico di giugno, il più dolce dei frutti, e conservarlo fragrante così (non secco) per l’inverno!
E le pàgine di Renato sono piene di queste parole di ammirabili delicatezze, e tremanti di pavore e di amore; ma la critica doveva dirgli:
«Oh, Renato, sì, bello è ciò che tu hai scritto, ma tu ci hai pensato! Se tu ci hai pensato, non hai la grazia di Dio! La poesia invece è alata e pensa senza pensiero».
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Ed è singolare che tutta la critica di Renato Serra su gli autori moderni è penetrata da un senso di fastidio e di indolenza pur quando loda ed ammira. Comincia un accordo, ma non giunge alla fine.
Fantasmi lo distràggono lontano da noi.
Renato Serra mi sembra uno che sia vissuto in altre età: ha visto Mosè, Ulisse, Pallade Atena, Elena, Pentesilea, e ora vede i garbati uomini ve-
19 - Diario sentimentale |