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di Alfredo Panzini 165


Basta! Eravamo nel luglio del 1910, quando mi vedo arrivare una lettera con su scritto «Camera dei deputati». E chi li conosce?

Dentro c’erano pochi sgorbi che lì per lì non capii, ma contenevano molti complimenti per il mio libro e dicevano che ne aveva ordinato venticinque copie alla Casa Treves per distribuire agli amici.

Ma sarà un gran signore costui! Ecco che anch’io avrò venticinque lettori!

Così ho imparato chi era Emilio Maraini: un grande condottiero dell’industria, e per l’appunto dello zucchero.

Nel seguente anno l’ho conosciuto di persona alla stazione di Bologna. Andava anche lui a Milano. Ha voluto che salissi con lui nel vagone ristorante. Egli non mangiò quasi niente. Si capiva da allora che era ammalato, povero signore.

Anzi dirò che avendo saputo che egli era un gran manovriere di enormi affari, lo guardavo stupito! Avevo davanti a me un piccolo, gràcile uomo. Lo pensavo come un Ercole, un Teseo. E più stupore mi dava sentirlo parlare di arte, di cose fini e delicate. Proprio ne parlava con sincerità!