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di Alfredo Panzini | 161 |
E allora, essendo un giorno di sole, ho lasciato la città.
Il tram giallo lascia dietro di sè case e case, cemento e cemento; lascia dietro di sè le vie uniformi dai palazzi uniformi, grigi, grigi; lascia addietro comignoli, officine, ospizi, il grigio enorme ospizio Trivulzio: ecco un po’ di verde; più ancora, procedendo il tram, ecco, fra il cemento dei caseggiati sparsi qua e là, dilata il verde. Tutto verde oramai come un polmone che — compresso — respiri. Respiriamo! Il cemento della città ha rappreso l’anima umana.
Il sole d’aprile sul mezzodì rende pur bella anche questa bassa landa lombarda; le foglioline dei sàlici, lungo la via maestra, hanno come un tenero palpitare e, dal recinto di un vecchio muricciolo campestre, alcune alberelle elevano l’èsile pennacchio tutto stellato di fiori rosei: una grazia! un vessillo!
***
— È la prima volta che viene a Baggio? — chiese l’oste poichè ebbe fatta un po’ di dimestichezza. — A cambiar aria lei viene?
— Così appunto, a cambiar aria.
Oh, molto gentile quell’uomo dai duri mustacchi! Mandò i suoi ragazzini a prendere i