Pagina:Panzini - Diario sentimentale della guerra, 1923.djvu/158

152 Diario sentimentale

bertà, religione e ragione, pace ed armi, socialismo e feudalismo, tradizione e progresso, premio e castigo, fisica e metafisica vivevano d’accordo, senza proclamar sciopero ogni terzo giorno. E infine, come era noto per tradizione, c’erano dei giudici a Berlino! Felice popolo! felice imperatore!

Forse troppe armi, troppi cannoni, e, negli ultimi anni, tutte quelle navi! e poi quei Zeppelini! Il sospetto che continuando a marciare con quel passo il popolo tedesco sconfinasse, un bel giorno, non era infondato. Ebbene, pazienza, — si diceva. Già il mondo è sempre stato di chi più sa, più vuole, e sa quel che vuole.

Vi fu però una volta — ricordo benissimo — in cui rimasi alquanto atterrito: era di maggio, mi pare nel 1913, e mi trovavo in uno di quei tanti hôtels di tipo tedesco che sono sparsi su la riviera del lago di Como. Erano le quattro dopo mezzodì ed il sole dava già un po’ di fastidio. Il lago, immoto, invitava a far siesta secondo il buon costume italiano. Invece, lì, mangiavano. Lì, nell’elegantissimo giardino dell’hôtel, sotto i pergolati di glicine, seduti a tanti tavoli dalle tovaglie multicolori, tedeschi e tedesche mangiavano. Dio mio! Ma quello non era uno spuntino! Mangiavano formidabilmente, uomini e donne. Con bel garbo, sì, portando con le due dita i fini crostini alla bocca; ma non finivano più! Certi lacchè italiani, in mar-