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viole, contesse e duchesse della specie, pettinate dal giardiniere, fiori aristocratici, insomma; e poi umili fiori di campo.
— Bella mattina, eh, Irma? — domandò il babbo.
La bambina non rispose niente.
Da due mesi erano brutte mattine per lei: non si destava più ridendo e gorgheggiando, ma tediata e piangente. Perchè prima il riso ed ora il pianto, ella non sapeva. Lo sapevano i genitori ed il medico. Per ciò era stata condotta sul lago, fuori della città afosa. Era pallida pallida; era magra, non pesava più nulla. La pelle le cadeva giù per le coscie come due borse vuote: il collo era uno stelo venato d’azzurro. Piangeva spesso per niente. Ora però si veniva rimettendo in meglio, ed i suoi genitori spiavano il suo volto, il suo colore, il suo appetito, il suo umore ed altre cose, come i marinai fanno col cielo quando temono la burrasca.
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* *
— Ma ha un bel colorito stamane, vero? — chiese lui.
— Non c’è male.
— Irma, mi vuoi bene, oh Irma, dimmi, mi vuoi bene? — chiese lui.
— Sì, tanto, papà.
La voce veniva da sopra il suo capo, dal terzo piano. Ma che voce! Accorata, profonda. Pareva