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relativamente silenziosa. La mia finestra dava in un cortile grigio, quadrato. Quattro pareti grige, ma pulite, si innalzavano per altri tre piani e sprofondavano per altri due. In fondo, alcune piante di bambù si allungavano nella nostalgia dell’azzurro. Io le guardai con un affetto fraterno.

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*  *

Passavo lunghe ore alla finestra a dipingere, ed ero così assorto nel mio lavoro che non mi accorsi che di fronte a me, a venti metri di distanza, una figura di giovinetta passava, ripassava, era intenta a fissarmi. La guardai anch’io. Essa si era messa con la testolina appoggiata sulle palme della mano, e mi pareva che le sue labbra mormorassero: «Cattivo, non vi accorgete che da tanti giorni vi guardo?»

Certamente — pensai — è una cameriera, una sartina, una ballerina, io non so bene. Ma qualcosa di volgare deve essere per fissarmi con tanta insistenza.

Risposi tuttavia al saluto. Un giorno mi fece un cenno vivace, come a dire: «Abbiate la cortesia di aspettare».

Aspettai.

Scomparve un momento, riapparve: diede una occhiata rapida per osservare se dalle altre finestre poteva essere scorta, se vi era qualcuno;