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sterebbe nè romanticismo, nè positivismo, nè lirica, nè epopea, e tutto questo benchè la donna sia un fenomeno triste. Ricordate la conclusione dei Nibelunghi?
— Nemmeno per sogno.
— È un’espressione notevole. I Nibelunghi terminano con queste parole: «perchè l’amore porta in fine disgrazia».
— Era questa vostra signora una conferenziera Pro-Polonia?
— Mai più. In che lingua doveva conferire? Era una splendida, lattea, placida creatura bionda, di quel biondo tenero come di spiga non baciata bene dal sole; anzi vi dirò che quella bellezza nordica aveva così conquistato il mio animo che non soltanto il color bruno ardente delle bellezze nazionali, ma lo stesso color falbo delle nostre donne, mi pareva un’imperfezione di natura. Ella era inoltre così squisitamente monda e detersa che dalle sue carni lattee io sentivo esalare un perpetuo profumo di pervinca e di mughetto; e gli occhi suoi grandi, quasi squarciati, di un azzurro dolcissimo, sotto due archi di ciglia perfetti ed evanescenti, mi immergevano nello stupore di un sogno, da cui uscivo talora fremente e con queste terribili domande: «E come finirà questo amore? Come farò io a palesarle il mio affetto? E palesato pur anche il mio amore, dopo che avverrà?»
— Allora un amore ideale...
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