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— Grazie — disse il signor Capo, Foresti — è la prima volta che mi sento fare un simile elogio. Peccato che lei non sia un ispettore dello Stato.

Il piccolo signore sorrideva con aria olimpica; volle nelle sue piccole mani prendere la grossa mano del signor Foresti; la voltò, la rivoltò, la esaminò.

— Una mano simile — disse con profonda convinzione — vale tutto un codice di legislazione sociale. Pensi che questa mano mi ha risparmiato un mezzo accidente. Io schiattavo dalla bile. Pensi che in treno quel prepotente si è permesso di fermarmi il braccio che voleva tirare il campanello di allarme: il suo vestito bianco gli premeva più della mia soffocazione! Io voglio proporre per una ricompensa quell’egregio macchinista che alimentava così vigorosamente il fuoco, che usava con tanta opportunità il soffiante... Ma lei, lei poi come ha risposto bene, che dignità, che correttezza! Oh, se tutti i funzionari dello Stato sentissero la responsabilità del proprio ufficio; considerassero lo Stato come, come dire? come la rocca Capitolina delle istituzioni sociali, e non come la vacca da mungere...! Ma che cosa posso fare io per lei? Mi esprima un suo desiderio, io sarei ben lieto, ben onorato...

Il signor Capo aveva smesso di levare la pelle a certe infami fette di mortadella e fissava il suo interlocutore. Il suo aspetto era molto autorevole.