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Si era drizzato sulla persona, aveva buttato via la sigaretta.

— Tirapiedi del Governo, — confermò il giovane signore andandogli col viso contro il viso — la metterò io a posto!

— Ma non lo dica neanche per ridere!... — e proferendo queste parole, distese quella sua larga mano, prese tutto il disgraziato signore per l’abito e con violenza inaudita lo tirò a sè; poi lo allontanò usando del braccio come fosse stato un’asta di stantuffo; quindi lo proiettò sconciamente lontano.

Per sua mala sorte lì presso c’era un carretto delle merci, e il giovane vi urtò in malo modo, cadendo.

Sanguinava.

Il facchino accorse e lo rizzò a stento.

Fu condotto al pozzo: rimase lì un po’, fra un secchio d’acqua e un asciugamano.

— La caserma dei carabinieri? dov’è la caserma dei carabinieri? — domandava angosciosamente.

Gli fu indicata. Due chilometri di distanza.

Il signor Capo, intanto, aveva riaccesa la sigaretta: andava fra un disco e l’altro: la sua galera.

— Ci rivedremo in tribunale! — gli disse il gentiluomo salendo in una carrozzella.

Il Capo non voltò nemmeno la testa. Ma vide me che attendevo, e allora, un po’ ridendo, un po’ fremendo: