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gnore non sa fare a viaggiare...» «Io non so fare a viaggiare? È il mio mestiere viaggiare... — fremeva il vecchio signore. — Del resto, qui è unicamente questione di essere gentiluomini o mascalzoni».
— Be’ — disse il capo-stazione intervenendo — a che punto siamo? Sciocchezze, sciocchezze! Capo-treno, dia la partenza.
— Io rimango — disse il vecchio, immobile, lì, coi suoi occhietti irosi fissi sull’avversario.
— Io parto — disse il giovane, arrampicandosi, ma con la testa rivolta all’avversario. — Del resto, sa, se vuole riparazione...
Squillò la cornetta; e il treno si mosse; e il vecchio signore già emetteva, con tutto il suo fiato disponibile: «Prepotente!», quando l’elegante giovane signore fu colto da un fremito di spavento. Che era accaduto?
Il suo abito candido, il suo cappello splendido non erano più bianchi che davanti.
L’uomo era diventato bicromatico.
Durante la sosta e la disputa, la macchina, seccata, aveva fumato vigorosamente, e tutto il fumo aveva investito in modo irreparabile l’abito bianco.
Non era il giovane signore più presentabile alla prossima stazione balnearia, dove era diretto e dove probabilmente gli stava a cuore di giungere perfettamente candido.
Già il treno era in molo, ed egli, aperto lo