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— Oh, che roba! Che orrore! Pauvre enfant!

Poi con volubilità che quasi mi offese, mi pregò che le spiegassi quella storia delle Olimpiadi.

Che cosa le potevano interessare le Olimpiadi?

— Così — disse con un sorriso ambiguo — , è perchè anch’io mi chiamo Olimpia.

Allora io cominciai a raccontare.

— Ella deve sapere, signora — dissi — che nell’anno 776 avanti Cristo, cioè 23 anni prima del 753, anno della fondazione di Roma...

A queste mie parole la signora strabiliò, e inarcò le grandi ciglia.

— E lei, così giovane, — disse — deve ricordare tutte le cose dai secoli delle Olimpiadi sino ad oggi? Ma se io non ricordo più nemmeno quello che è avvenuto ieri! Ah, pauvre enfant!

E mi guardò con intensa pietà.

Io andai avanti e le spiegai tutta la storia dei giuochi Olimpici: cominciando da quel re briccone di Enomao, che sfidava alla corsa dei cocchi tutti i pretendenti alla mano della bella sua figlia Ippodamia, — ma siccome l’asse dei cocchi era di cera, veda, signora, così tutti cadevano vinti.

— Oh, che birbante! - disse la signora Olimpia. — Ma oggi sarebbe squalificato quel signore!

— Ma un bel giorno — proseguii — nella terra Apia arrivò Pelope, figlio di Tantalo. — La storia di Pelope e dei suoi cavalli fatati interessò moltissimo la signora, specialmente quando imparò