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LE OLIMPIADI
E LA SIGNORINA OLIMPIA.
— Lei faccia i suoi libri e vada via! — scoppiò a dire il signor professore contro di me. — E via subito, subito, subito. Fuori da quest’aula!
E la mia giovinezza fu tutt’ad un tratto investita, assalita da quell’uomo congestionato in faccia, che mi respingeva con parole di minaccia, coi gesti, con la persona, finchè l’uscio della scuola fu ribattuto contro di me.
E ancora sento e vedo lo stupore e il silenzio dei miei compagni. Ma che misfatto mai avevo commesso? Quale malefizio avevo mai perpetrato contro quell’uomo? Quale lebbra era apparsa in me, giovinetto, per essere espulso a quel modo?
Io mi trovai solo, nella strada, coi miei libri di greco: le tempie che mi martellavano, il pensiero che non si fissava più se non in un’unica idea: la licenza liceale perduta, il mio avvenire distrutto, il mio povero babbo... E allora cominciai a lagrimare.
E così lagrimando mi accorsi che non ero più