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merare tutti i torti di suo marito. Questo elenco, fatto quasi ogni giorno, supponiamo, porta all’autosuggestione, all’esacerbazione della voce, agli atti — diremo così — incoscienti. Poi segue un abbattimento, nausee, palpiti, cefalee...

— Ah, sì, mio marito è la causa di tutto! — esclamò la signora. — Oh, come capisce, dottore! Ecco, bisognerebbe che lui si sopprimesse.

— È un consiglio che non so se vorrà accettare, ed intanto veda, osservi gli effetti di questa iperestesia del suo «io subcosciente».

— Ha detto?...

— Oh, non importa che lei impari il nome! Osservi gli effetti! La pupilla ha già acquistato una disposizione strabica; le corde laringee per lo sforzo abnorme della voce, stanno producendo le matasse del collo; il quinto paio nervoso stira le labbra fuori della linea normale e produce le così dette rughe; la digestione, resa impossibile, genera macchie, acni, rossori.

— Orribile! Ma quale il rimedio?

— La calma assoluta e perciò il silenzio, signora. L’assoluto silenzio.

— Allora, abolito l’«io», la personalità, la volontà, la libertà, tutto... In politica, in morale, in arte, nell’economia della casa non dovrò più avere le mie idee?

— Sì, signora. Ma noi ne modifichiamo semplicemente le manifestazioni. Per esempio, invece di dire: Il giornale! il giornale! il giornale! lei