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dersi questo privilegio. «Non so, come chiedere: Lei ha moglie, dottore? ha provato mai questi incomodi? ha avuto casi consimili?» Ma poi le si congelò la voce e si trovò paurosamente nello stato di materia inerte nelle mani del prof. Gian Franco Marchi.
La signora si veniva, dunque, riallacciando.. Le stanze dell’Hôtel scintillavano di lampadine elettriche, perchè il sole esisteva forse ancora, benchè vedendo la città fasciata tuttora dalla caligine del dicembre, se ne potesse dubitare.
Il dottore aveva escluso in modo assoluto l’arteriosclerosi, il vizio valvolare, il diabete, l’appendicite, il verme solitario ed altri mali proposti dalla signora.
— Isterismo allora, come dice mio marito?
Il dottore fece un nobile gesto per allontanare questa parola, «isterismo» ed anche «marito».
— Ma allora cos’è il male che io ho? Almeno sapere il male che io ho. Perchè io sono ammalata, vero?
Il dottore si fece serio, terribilmente serio.
— Non mi guardi così! no! Mi fa paura! Devo forse morire?
Finalmente il dottore domandò con voce lenta:
— La signora ha paura di morire?
La signora impallidì...
— Quando penso che anch’io dovrò, molto probabilmente, morire... Ah, no, signore! E lei ride?...
— Sorrido, signora.