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Il signor Aurelio non viaggiava solo, ma con una sua bambina, gracilina e bionda come l’oro. L’aveva posta a giacere sopra un cuscino: aveva steso un lenzuoletto candido per evitare il contatto coi microbi: ma la non voleva dormire. Oltre che gracilina, nervosa, eccitabile! Dio, che disgrazia essere nati da un padre di abitudini filosofiche!

«Sì, cara, il lacu!» Ellla aveva un suo linguaggio, tutto fatto di strane analogie, che lui solo, il padre, intendeva. Ogni corso d’acqua era lacu, cioè, lago. Ogni oggetto, fuori del finestrino, destava in lei enorme meraviglia. «Eppure un poco di ricchezza e di proprietà per queste povere creaturine, non è mica un delitto!» (Il signor Aurelio già pensava alle teorie collettiviste che oggi sono così in vista sull’orizzonte umano, e per le quali egli simpatizzava un giorno sì, e un altro giorno no).

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Cadeva il vespero; ed una grande città sfumava enorme, rossiccia, turrita in fondo al piano: il diretto vi si approssimava rapidamente.

— Ci fermeremo qui — pensò il signor Aurelio dopo molte considerazioni. — Proseguire col treno della notte e col freddo che fa alla notte, non conviene.

Lungo la notte fredda vegliano le bronchiti, le