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mino mette fuori la punta di un occhio: sbircia, e torna ancora a nascondere la testa fra le braccia. Sì, perchè quell’uomo è ancor lì, anzi era lui — quell’uomo — che faceva quel curioso rumore — e non sapeva prima quello che fosse — col fiato. Giacomino non si muoveva perchè aspettava che quell’uomo andasse via; e torna a sbirciare con la coda dell’occhio: guarda meglio, e lo vede finalmente alzarsi, e andar via.
Ma dietro la porta chiusa c’era la mamma che invano aveva forzato di aprire. E come i due si incontrarono, si appiccicarono: e Giacomino sentì che si dicevano fra loro quelle brutte parole che a lui erano interdette e per cui — per l’appunto — la serva lo chiamava barabba.
Ma il babbo, a differenza della mamma e della serva, non ci doveva tenere al diritto della parola per ultimo, perchè poco dopo fu un gran silenzio e non si mosse più nulla.
Però qualche piccola, impercettibile cosa si mosse. Dove? Dentro di Giacomino.
La mamma aveva detto che lui, quell’uomo, lo voleva ammazzare con tante busse, ma Giacomino non ne sentiva più nemmeno l’indolitura.
I pugni che pigliava talvolta, come incerto delle sue monellerie, da qualche condiscepolo, più robusto ed anziano, lasciavano un’impressione molto, oh molto più durevole. Eppure il babbo è molto più grosso di coloro!
E allora perchè? Perchè ha meno forza? E per-