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d’inverno, dopo l'avemaria, stavo al buio pensando al mio avvenire di marito infelice. Sentivo nella stanza di sopra, ogni tanto, il passo di Mariuccia. Ella bubbolava dal freddo, poverina! e doveva tenere sotto le sue adorabili sottane un vile scaldino di carbonella. Sai tu quali orrendi pensieri devono passare per la mente di una bella giovane costretta a bubbolare dal freddo in un paese come Montefalco? Io sentivo già i brividi sul mio capo. Mariuccia — esclamai — o io morirò, o tu avrai un camino grande come una fornace; e quando vorrai andare a spasso, avrai una carrozza con quattro cavalli che ti tireranno dove vuoi. Allora, capirai, di automobili non si parlava dalle nostre parti; non esistevano le mie pillole; il termosifone era una cosa sconosciuta.
Ed ecco che un Marcantonio di montanaro, grosso e alto come la bottega, mi spalanca la vetrina, entra e butta sul banco una cosa, e dice con disprezzo:
— Questa tientela per te.
Guardo. Era una carta senapata.
— Non ha fatto effetto, galantuomo? — dico io.
— E che effetto vuoi tu che abbia fatto? — mi dice. Non mi ha grattato nemmeno la pelle. — Ora, prosegue l’ineffabile Ballesio, tu sai la storia dell’uovo di Colombo, della lampada di Galileo, del pomo fradicio di Newton! Ebbene, quell’uomo è stato la mia lampada, il mio uovo, il mio pomo