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contro le streghe 3

gli antichi loro avi.1 Se mi venga permesso dire la mia opinione, pure avvicinandomi più a quest’ultima teorica che non alla prima, sono dell’avviso, che anche tra i Germani sia stata gettata la triste semenza da altre genti, e che essi nelle loro trasmigrazioni e coi loro imperi la abbiano poi sparsa di seconda mano sulla faccia dell’Europa, dopo averla nel corso del tempo, per così dire, rinvigorita e ravvivata con qualche parziale ritaglio di classiche rimembranze superstiziose.

Che gli antichi greci e romani avessero molte superstizioni è cosa provata e nota a tutti; ma non è certo nelle strane ed irragionevoli credenze o nelle ridicole pratiche personali e domestiche della gente privata, o nei riti religiosi degli oracoli, degli auguri, degli aruspici che troveremo le traccie originarie della stregheria. Si potrebbe invece sospettare di vederle nella quasi universale credenza alle arti magiche ed ai portenti, che si attribuivano all’opera di maliarde, di saghe e simili.2 Ma se deve ammettersi, che tanto la superstizione antica, quanto quella barbara e la moderna, si rispondono in ciò che attribuiscono fede ad un’arte ultranaturale colla quale si possano costringere gli spiriti a mostrarsi visibilmente o in altro modo a manifestarsi ai nostri sensi, ed in ciò che si dovrebbero attri-

    quella dove si considera più ampiamente la materia, ha per certo parecchi pregi, ma non manca di difetti; e tra essi, a mio giudizio, il maggiore è quello di essere scritta con ispirito appassionato e dal lato nazionale o dal lato religioso, o, adoperando una parola dell’uso, “confessionale.„ Né va ommesso, che dessa illustra in modo speciale la storia dei processi delle Streghe della Germania, concedendo una parte molto secondaria a quella degli altri paesi.

  1. Questa scuola, che adesso dovrebbe contare più numerosi aderenti della prima fra gli eruditi della stessa Germania, ebbe a maestri i fratelli Jacopo e Guglielmo Grimm, troppo noti a tutti, perché io deva aggiungere una sola parola alle lodi dovute al loro ingegno, alla loro diligenza, alle loro opere.
  2. Ad onta che non solo le persone del volgo ma ben anche certi uomini cospicui tenessero la magia ed i suoi portenti come cose salde, fu abbastanza numerosa tra i romani l’eletta di coloro che li ebbero nel conto in che li teniamo noi. — Sto, veramente, in dubbio sul concetto che ne avessero uomini dell’ingegno e della coltura di Tibullo, di Ovidio, di Virgilio; ma non vi credevano sicuramente Lucrezio, Orazio, Catone, Cice-