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58 | i processi |
Avuta, o in rari casi non potuta avere, la confessione, il processo istruttorio era finito, e la cessava ogni competenza degli inquisitori. Per non dover ritornare sui miei passi, soggiungerò qui a notizia di coloro cui non fosse famigliare la pratica del foro, che il processo così istruito si mandava o ad una facoltà teologica, o ad una facoltà giuridica, od a qualche giureconsulto per ottenerne il consilium, e che a seconda di questo, in genere, veniva proferita la sentenza definitiva del vescovo.
Nel Malleus si hanno 13 module diverse di sentenze (Q. XX-XXXII), che credo necessario riassumere:
1.° L’accusata è riconosciuta innocente. — Si deve assolvere, ma con sentenza che la dimetta ab instantia.
2.° È in fama di eretica. — È da assolversi, ma deve purgarsi col suo giuramento e con quello di un determinato numero di compurgatores del suo rango. Se non voglia o non possa farlo è da condannarsi come eretica.
3.° Nei suoi costituiti è contraddicente, o per altra ragione si potrebbe sottoporla alla tortura. — Tenutala per qualche tempo in carcere e fatta consigliare a confessare, se non confessa si torturi, osservando, che l’esperimento può essere continuato. Qualora persista a negare si dimetta; se però confessa è in seguito da trattarsi come al N. 8.1
4.° È leggermente sospetta d’eresia. — Si condanna a fare l’abiura.
5.° È mediocremente (vehementer) sospetta d’eresia. — Si deve condannare a fare l’abiura, avvisando però, che in caso di ricaduta, sarà proceduto come contro una recidiva.
6.° È fortemente (violenter) sospetta d’eresia. Sia tenuta in carcere, e frattanto si faccia diligente inchiesta, se a carico dell’ac-
- ↑ Questa maniera di sentenza somiglia molto ad una interlocutoria. Per questo caso ed in qualche simile, una volta si ricorreva ai “ Giudizî di Dio. „
vittoriosamente, quand’anche contro di lei si abbiano usati i più raffinati tormenti. Fu dovuta scarcerare, ma poiché non era possibile condannarla altrimenti, la si punì col perpetuo arresto in casa. Ciò avvenne nel 1594. — V. Soldan e Heppe, o. c. I. 474.