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26 | i processi |
genda.1 La qual cosa nessuno vorrà ascrivere a negligenza od a dimenticanza dell’insigne storico, bensì a ciò, che egli non trovò, nei moltissimi documenti da lui consultati, intorno alla medesima notizie degne di venire ricordate. — Che se vogliamo trovarne nei nostri scrittori, il pensiero corre quasi involontariamente alla ridevole descrizione del congresso notturno fatta da Bruno dipintore “ alla qualitativa melonaggine da legnaja „ di Maestro Simone da Villa. 2 Ne si dica, che la pruriginosa novella del Certaldese non può farci fede delle credenze nelle streghe del volgo fiorentino, perchè toltene le frangie s’accorda troppo bene con altro scrittore quasi contemporaneo del quale parlerò fra poco; ad ogni modo poi ognuno può considerare, che se egli si permise di ricamare sulla stregheria la burla fatta da que’ cervelli bizzarri che furono Bruno e Buffalmacco alla zucca di Maestro Simone, certo è, che la tregenda ed il notturno convegno delle streghe non erano tenute dai fiorentini del sec. XIV quelle cose spaventevoli, che ci vengono figurate dalla leggenda germanica. — E giovi notare, che, credo, tranne il Boccaccio nessun altro novelliere antico italiano fa menzione di streghe o di stregheria, cosa che mi penso non sarebbe mancata, se la credenza in quelle e in questa fosse stata in Italia cosi diffusa e ferma come altrove, mentre, per contrario e nel Novellino, e nel Sacchetti, e in Ser Giovanni Fiorentino ecc., si hanno racconti di maghi e di loro portenti. — Dante, nella Divina Commedia, per quanto mi sappia, usa una sola volta la voce “ Strega, „ ed anche questa solo figuratamente,3 e dove trova tormenti peri maghi, gli indovini, gli eresiarchi, gli atei e via dicendo, non ne trova alcuno per le streghe, che pure nella posteriore opinione dei popoli erano molto più condannabili di tutti costoro. È questo, se si voglia, un argomento negativo a sostegno del mio avviso; se non che per me ha molto valore.
Dico questo tanto più sicuramente quanto più mi conferma