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caverna, e da qualche ululato lontano della lupa che vaga fra i ciglioni e le spelonche. L’orologio della chiesa di Sant’Anna suonò in quel punto un’ora.
Per l’anima meno artistica quello era uno spettacolo imponente: sicché tutti e tre ci diemmo a pensare, a sognare. I pensieri e i sogni di tutti in generale in quei casi sono della natura seguente. — Come è mai poca cosa l’uomo al cospetto dell’immensità del creato I come sono meschinamente ridicole le passioni dell’interesse, dell’ambizione, dell’egoismo: come è fuggevole e breve la vita in confronto della inalterabilità di quegli scogli! Perchè mai l’uomo è cosi superbo? perchè si cura ei tanto, perchè pensa tanto a sè stesso quando ei non è che un atomo, la sua vita un momento! —
Allorché la fanciulla credè che si fosse pensato abbastanza, si alzò da un bianco sasso sul quale s’era seduta, si diresse ad uno scoglio, al quale era raccomandata una barchetta, in cui ci invitò ad entrare, dicendo:
— Ora bisogna penetrare là dentro.
— Come, in quella spelonca? sciamò Antonio.
— Si: l’Orrido è là.
— Per me, sono agli ordini della compagnia; disse Antonio corrugando un tantino la fronte; però non vorrei che il signor Professore prendesse qualche raffreddore con quest’aria cosi penetrante.
Il Professore mostrò desiderio d’entrare: la fanciulla sorrise maliziosamente. Antonio rimase punto e sconcertato da quel sorriso, e non si attentò di far altre rimostranze. Mano mano che si vogava verso l’entrata, l’acqua diveniva profonda, le roccie divenivano più terribili, ed un senso di stringente raccapriccio ci premette il cuore quando giunti sui limitare dell’antro alzammo gli occhi al ponte, che ad una smisurata altezza congiungeva le due falde, e li abbassammo fino all’acqua negra dalla quale eravamo sostenuti. Appena entrati ci si apprestò la scena più orribile, la più difficile a ritrarsi con parole. Ci sembrò di essere rinchiusi in una torre profondissima; le muraglie erano tempestate da un’infinita quantità di scogli avanzantisi in bizzarre e fantastiche forme, e penzolanti sulle nostre teste quasi volessero piombarci ad