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La nova Pitthagorica dottrina
     Di Calabria in Crotona allhor fioria.
     Hor pria, che giunga la prole Sabina
     Al gran dottor de la Filosofia,
     Intorno alquanto à la città camina,
     Secondo richiedea la torta via;
     E pargli à muri, à fianchi, et à le porte
     Non haver visto mai città più forte.

Poi come pon dentro à la terra il piede,
     E mira hor questo, hor quel raro edificio;
     E le strade, e le piazze, e i tempij vede
     Fatti tutti con arte, e con giudicio;
     Chi fosse quel, con grande instantia chiede,
     Che tanto nel fondarla hebbe artificio.
     Si mosse uno il più vecchio, e ’l meglio instrutto,
     E cosi fè sapere à Numa il tutto.

Quando Hercole co’ buoi ricco di Spagna
     Tornò, ch’à Gerion con l’alma tolse;
     Dove il lito Lacinio il mar quì bagna,
     Dopo un lungo viaggio il passo volse.
     Hor mentre i buoi pascean questa campagna,
     Il cortese Croton seco il raccolse:
     Il quale allhor magnanimo, e cortese
     Godea senza città questo paese.

Come ha supplito al suo terrestre pondo
     Del suo riposo il gran figliuol di Giove,
     Guarda quel sito fertile, e giocondo,
     Cosi poi ver Croton la lingua move.
     In questo più purgato aer del mondo,
     Dove benigno il ciel la manna piove,
     Dove hor sol vedi la campagna, e l’herba
     Una città sarà ricca, e superba.

Come girato havrà lo Dio qualch’anno,
     Ch’alluma questo, e quell’altro hemispero,
     Herba i nepoti tuoi qui non vedranno,
     Ma d’una gran cittate un novo impero.
     Poi per questi edificij, che qui stanno,
     Fu d’Alcide il parlar trovato vero:
     Ch’al tempo detto alzar la fronte altera;
     E vò dirti onde nacque, e in che maniera.

Miscelo in Argo d’Alemon già nacque,
     Huom giusto, saggio, e d’opre sante, e fide;
     Mentre addormito un tratto egli si giacque,
     Gli apparse, e disse in sogno il grande Alcide.
     Passa verso l’Italia le salse acque,
     Che in quella parte il ciel vuol, che t’annide
     Dove il sassoso ha fine Esaro, e quivi
     Una nova città ti fonda, e vivi.

Molte minaccie à questo dire aggiunge
     L’apparso Dio su’l capo di Miscelo,
     Se per alcun timore ei si disgiunge
     Dal suo precetto, e dal voler del cielo.
     Tosto, ch’ Alcide à questo punto giunge,
     Corre per l’ossa à l’addormito il gielo,
     Tal che ’l gielo, e ’l tremor che ’l cor sentio,
     Fè, che ’l sonno da lui sparve, e lo Dio.

Il misero Miscelo esce del letto
     Dentro à la mente sua tutto turbato:
     Brama obedir lo Dio, ma quel, c’ ha detto
     À la legge è contrario del Senato.
     Che vuol, ch’ogn’un, che cerca il patrio tetto,
     Lasciar, sia come reo decapitato.
     Brama Alcide obedir, ne s’assicura,
     Che de la legge Argolica ha paura.

Havea passato il Sole il mar d’Atlante
     E l’aere era di quà tutto nero;
     Anzi era tanto in là passato avante,
     Ch’empia tutto d’ardor l’altro hemispero;
     E l’anime del cielo eterne, e sante
     Facean lor corso verso il mare Hibero;
     E già le prime apparse in oriente
     Si vedean declinar verso occidente:

Quando di novo in sogno Hercole apparse
     Al cavalier, c’havea sospeso il core,
     E gli disse l’istesso, e ’l cor gli sparse
     Per quel, ch’aggiunse poi, di più terrore.
     Di modo, che lo Dio co’l sogno sparse,
     Et ei restò si vinto dal timore,
     Che pensò di lasciare il patrio sito
     Contra il publico d’Argo ordine, e rito.