Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/445


217

Ulisse, che del campo Acheo gran parte
     Si vede haver, ch’à tanto honore il chiama,
     Tien mezzi occulti, e accorti, e con grand’arte
     Cerca ottener dal Re quel, che più brama.
     Aiace per le piazze, e in ogni parte,
     Che si fa torto al suo valore, esclama,
     Se per ventura il Re tien, che più merte
     Quell’arme havere il figlio di Laerte.

Menelao, Diomede, e ogn’un, ch’intende
     Dov’è rivolto il popolar discorso,
     Non osa dir di se, che non intende
     Di contraporsi al publico concorso.
     Ogn’un del campo al Re l’orecchie offende,
     E conta ciò, che in quella guerra è occorso,
     Per fare inchinar lui, ch’ascolta, e tace,
     Altri in favor d’Ulisse, altri d’Aiace.

Il Re, prudente, e di giudicio intero,
     Per far, ch’alcun da lui non resti offeso,
     Vuol, che sia l’uno, e l’altro cavaliero
     Dal saggio concistoro Attico inteso.
     Indi, gli Heroi del Greco illustre impero
     Fatti chiamare, à lor dà tutto il peso,
     Di far giudicio universale, e certo
     Qual de due cavalier sia più di merto.

IL FINE DEL DUODECIMO LIBRO.