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Con tanta cura il formator del giorno
     Co’l Re del mare à la bell’opra intese,
     Che in breve Troia fu cinta d’intorno
     Da si superbe mura, e bene intese,
     Che non potè l’invidia alzare il corno
     Con le biasmanti, invidiose offese.
     Innanzi al Re stupita ella si tacque,
     Et anche al Re la lor superbia piacque.

Subito verso il gran cospetto regio
     Gli sconosciuti Dei movono il piede,
     Per impetrare il convenuto pregio,
     Secondo il merto, e la promessa fede.
     Il Re, che ’l giuramento have in dispregio,
     Per usurpare à se la lor mercede,
     Nega di dover lor tal somma d’oro,
     E giura falso, e spregia il cielo, e loro.

E che de l’opra, c’han prestato à l’opra,
     Han come gli altri havuto il merto intero;
     E con tal fronte vi ragiona sopra,
     Ch’ogn’un diria, ch’ei non mentisse il vero.
     Sdegnato il Re del mar, fa, che si copra
     Da l’onde sue tutto il Troian sentiero,
     Tutto il campo Troian sdegnato inonda,
     E converte la terra in forma d’onda.

Quante ricchezze ha ’l piano, e fertil campo
     Di Troia, biade, vino, armenti, e gregge,
     Trovar non ponno à tanta furia scampo;
     Cede ogni cosa à lui, che nel mar regge.
     Apollo anchor co’l suo sdegnato lampo
     Contra di Troia un’altra pena elegge,
     Corrompe l’humido aere, e stempra in guisa,
     Che resta da la peste ogni alma uccisa.

Punto da tanti danni il Re s’invia,
     Per impetrar alcun rimedio, al tempio.
     Se brami da la peste infame, e ria
     Troia salvare, e da l’ondoso scempio;
     Che la tua figlia Hesione esposta sia
     Ad un mostro marin tremendo, et empio,
     Convien, l’oracol disse. e su lo scoglio
     Fe porla con d’ogn’un pianto, e cordoglio.

Mentre stava legata al duro sasso,
     Venne à passar da quelle parti Alcide:
     E spinta verso lei la nave, e ’l passo
     Quando si bella vergine la vide;
     Cercò di confortar l’afflitto, e lasso
     Suo spirto con parole amiche, e fide.
     E poi ch’al padre il suo parlar converse,
     Con questa legge lei salvar s’offerse.

Se tu vuoi darmi, ond’io possa haver prole,
     Quattro di quei cavalli arditi, e snelli,
     Che de la razza sua già ti die il Sole,
     Figli de presti suoi volanti augelli:
     Salverò le bellezze uniche, e sole
     Da gli assalti marini ingiusti, e felli.
     Il Re promette, e giura. Hercole viene
     Co’l mostro in prova, e la vittoria ottiene.

Ma come chiede i veloci cavalli,
     Fatto al pesce marin l’ultimo scorno,
     Nega il Re falso, e la risposta dalli,
     Ch’al gran rettor del mar diede, e del giorno.
     Sdegnato il forte, e invitto Alcide falli
     Da gran militia por l’assedio intorno,
     E prende le superbe, e nove mura
     De la città due volte empia, e pergiura.

Tra i capitani poi giusto comparte
     De la vittoria i premij, e gli alti honori,
     Riguardo havendo à chi nel fero Marte
     Dato havea di valor segni maggiori:
     Diede al fier Telamon la miglior parte,
     Et oltre à mille publici favori
     Gli diè la bella Hesione, il cui bel volto
     Esser dovea dal mostro al mondo tolto.

Ne restò Telamon contento forte,
     Con tutta la progenie illustre loro;
     Poi che quella, che presa havea consorte,
     Qual ei, scendea dal Re del sommo choro.
     Ma Peleo suo fratel, v’hebbe più sorte,
     Ch’ottenne d’una il trionfale alloro,
     Che non fu mortal vergine, ma Dea,
     E tal, che ’l maggior Dio d’amor n’ardea.