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nono. 161

La bella Alfesibea saggia, e gioconda
     Dotata d’ogni ornato, e bel costume
     Di Flegeo figlia il purgherà ne l’onda
     Paterna, e poi godrà seco le piume.
     Et ei, perche ’l suo amore à quel risponda,
     Ch’al suo intelletto havrà renduto il lume,
     Di quel monil faralle il collo avolto,
     C’havrà con l’alma à la sua madre tolto.

Poi quando un tempo havrà il suo amor goduto,
     E spento in parte il desiderio ardente,
     Non gli parendo anchor d’esser venuto
     Al san pensier da la sua prima mente,
     A l’oracol n’andrà per novo aiuto,
     Et ei risponderà, che ’l mal, che sente,
     Convien, se vuol, ch’à lui la mente sgrave,
     Che nel fiume Acheloo si purghi, e lave.

Onde Almeon, che del suo primo honore
     Vorrà integrar lo stupido intelletto,
     S’andrà à purgar nel Calidonio humore,
     Dove l’accenderà novello affetto.
     Che ’l vago viso il faretrato Amore
     Farà vedergli, e piagheragli il petto
     De l’ignuda Calliroe, come nacque,
     Mentre à nuoto godrà le patern’acque.

E non si partirà da quelle sponde,
     Che per isposa l’otterrà dal padre;
     E poi purgato da le socere onde,
     Si godrà le bellezze alme, e leggiadre.
     E le sue membra essendo atte, e feconde,
     La farà in breve di due figli madre,
     Detto Acarnana l’un, l’altro Anfotero,
     Ch’in un dì acquisteran gli anni, e ’l pensiero.

E poi, ch’ella del bello havrà sentito
     Monil, ch’à l’altra moglie il collo adorna,
     Pregherà dolce il suo dolce marito,
     Che de l’oro fatal la faccia adorna.
     Hor mentr’ei per haverlo andrà in quel sito,
     Dove la prima sua moglie soggiorna,
     Da figli di Flegeo, c’havuto aviso
     Del novo amore havran, per via fia ucciso.

Temeno, et Assione ambi fratelli,
     Poi ch’Almeone havran dato à l’inferno,
     Calliroe alzando i rai languidi, e belli,
     Esclamerà con preghi al padre eterno,
     Che doni à figli suoi, c’han gli anni imbelli,
     Gli anni, c’han forza, ardire, ira, e governo:
     Perche chi vendicò del padre il torto,
     Non stia, s’ha figli, invendicato, e morto.

E per giusta cagion quel Dio, che fuora
     Suol dar ne’ tempi suoi gli alti secreti,
     Quel, che può dar la sua figliastra, e nuora
     Vorrà, che di Calliroe il pianto accheti.
     E di quel, che ne’ figli allhora allhora
     Più brama, ella vedrà gli occhi suoi lieti:
     Gli vedrà in un balen robusti, e forti,
     Da poter vendicar del padre i torti.

Si ch’Hebe non giurar, che l’alta cura
     Mossa talhor da prieghi, e da rispetti,
     Suole il corso impedir de la natura,
     E far de gli altri sopr’humani effetti.
     Come ha la metamorfose futura
     Narrata Temi à i puri alti intelletti,
     E che si cangi altrui tal volta il pelo,
     Gran mormorio s’udì per tutto il cielo.

Che s’à la nuora regia era permesso
     Di dar tal volta altrui l’età più bella,
     Si dolean tutti in ciel, perche concesso
     Non era à ognun quel, che potea far’ella.
     Et altri rinovar volea se stesso,
     Chi ’l padre, ch’il cugin, chi la sorella:
     E parlavan tra lor non senza sdegno,
     Ch’era già il ciel tirannide, e non regno.

E che sol Giove, e ’l figlio Hercole, et Hebe
     Potean far chi volean de gli anni altero,
     E far maravigliar Calliroe, e Thebe,
     D’Iolao, d’Acarnana, e d’Anfotero.
     E diceano i più illustri, e anchor la plebe,
     Che Giove era partial, non giusto, e intero:
     E dal proprio interesse ogn’un tirato
     Parlava contra Giove, e contra il fato.