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Poi ch’à la Dea di Delo offesa parve
     D’esser contra d’Eneo sfogata à pieno,
     Fè, che la piuma à le sorelle apparve
     Del morto, e n’ornò lor le braccia, e ’l seno.
     E fatta ogn’una augel subito sparve,
     Et allentò per l’aria à i vanni il freno.
     Tutte à un tratto lasciar l’human splendore
     Da la nuora d’Almena, e Gorge in fuore.

L’augel, che Meleagride s’appella,
     Dal fratel Maleagro hà preso il nome.
     Risplende assai la sua penna novella,
     Che leva al ciel le sue terrene some.
     Ch’è vaga, varia, colorata, e bella,
     Et hà la cresta in vece de le chiome.
     Di spetie di gallina è rara, e nova,
     Benche come il fagian dipinge l’ova.

Come hebbe Teseo visto il Cinghial morto,
     Mostrato il suo buon cor commiato prese,
     Ne si trovò presente al danno, e al torto,
     Onde la cruda madre il figlio offese.
     Per ritrovarsi in breve al patrio porto
     Per altro suo disegno il camin prese,
     Bench’Acheloo, c’havea la sua contrada
     Tutta allagata, gl’ impedì la strada.

Vede Acheloo (lo Dio proprio del fiume)
     Che ’l cavalier d’Athene è giunto al passo,
     E se scorge huomo, ò legno, intende il lume
     Per poter por nell’altra ripa il passo.
     Allhor temendo il grato, e amico Nume,
     Che no’l dia l’onda al regno oscuro, e basso,
     Cortese, e pio se gli fa incontra, e vede,
     Se può con questo suo fermargli il piede.

Non ti fidar guerrier Cecropio à l’onde,
     Che sforzan troppo rapide le navi,
     Et c’han portate al mar le proprie sponde,
     Con l’elevate lor superbe travi.
     Ogni tetto vicino, ogni alta fronde
     Con le parti, c’havean più dure, e gravi,
     E con gli armenti stessi, e co i pastori
     Tutti hò visti portarne in grembo à Dori.

Ne al can, ne à gli altri bruti il nuoto valse,
     Non giovò à l’huomo il suo saggio discorso.
     Tanti ne fur donati à l’onde salse,
     Quanti rapinne il furioso corso.
     Se del consiglio altrui giamai ti calse,
     Metti guerriero al tuo desire il morso.
     Mentre l’onda và fuor del proprio lido,
     Piacciati, ch’ io t’alberghi entro al mio nido.

Per fuggir il guerrier tanto periglio,
     Per farsi grato à quel, che ’l persuade,
     Lieto rispose, al tuo parer m’appiglio,
     Mentre che l’onda tua si fiera cade.
     Accetto la tua casa, e ’l tuo consiglio,
     Fin che sicure sian l’ondose strade.
     Per mano il fiume il prende, e ’l mena seco
     Dentro al suo cavernoso humido speco.

Entran d’una in un’altra le spelonche,
     Dove l’altero Dio si posa, e chiude.
     Comparton tutto il ciel diverse conche,
     Che ’l tufo adornan cavernoso, e rude.
     Le gocce altre continue, et altre tronche
     Van per diversi rivi à la palude:
     E da cento antri, e cento senza lume
     S’uniscon l’onde in un, che fanno il fiume.

Lieto il cortese Dio di tanto Duce,
     Con ogni studio ad honorarlo intende.
     Però con tutti i suoi Teseo conduce,
     Dove ne l’antro suo più il giorno splende,
     Che l’occhio, onde una stanza have la luce,
     Verso infinito mar lo sguardo stende.
     Quivi spiegar con volto honesto, e chino
     Le Ninfe su la mensa il bianco lino.

Comparser le vivande, e ’l Nume accorto
     Fece à la mensa pria seder Teseo,
     Poi Peritoo con Lelege, ne torto
     Del loco ne à la etàé al grado feo.
     Poi che dier loro il debito conforto
     Co’l raro cibo il più dolce Lieo,
     Venne il guerrier d’Athene à caso à dare
     L’occhio in mezzo al balcon, che guarda ’l mare.