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Ogn’un con le parole, e con le ciglia
     De le sue lodi al vincitor compiace.
     Ogn’un s’allegra, e ogn’un si maraviglia
     De l’ animal, ch’ in tanta terra giace.
     Anchor temon toccarlo, pur vermiglia
     Sicuro al fin ciascun l’arme sua face.
     Ogn’un, se ben non ha la fera estinta,
     Brama del sangue suo l’arme haver tinta.

Ma più d’ogni altro al vincitor dà lode
     La gratiosa vergine Atalanta.
     L’acceso amante, che la mira, e ch’ode
     La soave parola accorta, e santa,
     Mentre stupito la vagheggia, e gode
     Pon su’l capo al Cinghial del piè la pianta,
     E con grata favella, e dolce vista
     Sol la sua diva allegra, e gli altri attrista.

Poi ch’è piaciuto à le superne stelle
     Di dare effetto al mio nobil pensiero,
     Si denno à me queste honorate, e belle
     Spoglie, che fede poi faran del vero,
     Io dico del Cinghial l’ hirsuta pelle
     Co’l capo anchor de le sue zanne altero,
     Pur, perche ’l dardo tuo l’ impiagò pria,
     Vo teco compartir la gloria mia.

Subito fa levar l’horrida spoglia,
     E dandola co’l capo à la sua diva,
     D’allegrezza empie lei, d’ invidia, e doglia
     Gli altri di Calidonia, che ne priva.
     Dispiace à tutto ’l suo popol, che voglia
     Del bel trofeo la sua patria nativa
     Spogliar, per darlo à la Nonacria parte,
     Che non havea ne la vittoria parte.

Disse Plessippo à lei, ch’ un de fratelli
     Era d’Altea di Meleagro madre;
     Non ti pensar de le honorate pelli
     Le mura ornar del tuo Nonacrio padre,
     Non creder, ben ch’ i tuoi lucenti, e belli
     Lumi, con le fattezze alme, e leggiadre
     Habbian del mio nipote acceso il core,
     Privar la patria mia di tanto honore.

E contra i servi con gran furia vanne
     De l’innocente giovane Tegea,
     Che cura havean de le dannose zanne
     Donate à lei dal gran figliuol d’Altea:
     Le toglie lor per forza, e cura danne
     Al suo fratel Tosseo, ch’appresso havea.
     Per vendicar la vergine quell’onta
     Stringe la spada, e ’l suo nemico affronta.

Ma Meleagro altier, che ’l tutto scorse,
     La consanguinità posta in oblio,
     Vinto da l’ ira minacciando corse,
     E con lo spiedo ingiusto uccise il zio.
     Poi del fratel piu giovane s’accorse,
     Che contra gli venia crudele, e rio,
     E fatto in tutto di pietà rubello
     Lo stese morto appresso al suo fratello.

Intanto Altea, che la vittoria intesa
     Del figlio havea contra il nefando mostro,
     Al tempio và di santo zelo accesa
     Co’l grato don di gemme ornata, e d’ostro;
     Et ode per la via quanto l’ ha offesa
     Quel, ch’ella già portò nel carnal chiostro:
     Intende, che ’l figliuol da l’ ira vinto
     Ha l’uno, e l’altro suo fratello estinto.

Compare in questo la bara funebre
     Per gli occhi suoi troppo infelice obbietto.
     Subito ella alza il grido muliebre,
     Si straccia i crini, e si percote il petto.
     Le donne sue come insensate, et ebre
     Mostran vinte dal duol l’interno affetto;
     Subito gittan via le vesti allegre,
     E cangian le dorate in gonne negre.

La madre un pezzo si consuma, e piange,
     Come il fraterno amor ricerca, e vuole,
     E si graffia le gote, e ’l capel frange,
     E v’accompagna i gridi, e le parole.
     Da l’ ira vinta poi forza è, che cange
     Il pianto in quel desio, ch’accender suole
     Gl’irati à la vendetta, in quel desio,
     Ch’ogni più santo amor manda in oblio.