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con gran piacere far’a i cavalieri migliori quando montano sopra ben creati, e ben’intendenti cavalli, di maniera che la penna quivi fa conoscere, che ha molto maggior forza che non hanno i penelli, iquali guidati ancora da artificiosa, et essercitatissima mano non saperebbero rapresentare cosi vivamente il maneggio d’un cavallo, come lo rapresenta l’Anguillara, nella stanza: Damasithone appar su un Turco bianco, e nelle seguenti, oltre che vi depinge ancora i veri segni, e mantelli, de i buoni, e generosi cavalli: come è anchora vagamente descritta la contentione de Venti, e i danni che facevano al mare, et alla terra con i loro soffij sdegnosi.

Diede materia alla favola de i Villani trasformati in Rane; una zuffa che fu fatta appresso un stagno fra i Rodiani, e i Licij, perche essendo andati quelli di Delo che s’erano mossi in favore de i Rodiani, a pigliare l’acqua, anzi intorbidandola, e difendendola facevano ogn’opra che non godessero di quell’acqua; sdegnati i Delij gli amazzorono tutti nello stagno; finita quella guerra ritornando poi allo stagno, e non vedendo alcun vestigio de i Villani morti, e sentendovi solamente le rocche voci delle Rane, si diedero a credere che le Rane fussero le anime de i Villani amazzati, e con questa loro credenza diedero occasione a questa favola; descrive l’Anguillara molto ingeniosamente la natura delle Rane, nella stanza, Hor l’animal sotto acqua si nasconde, come ancora ha descritta la sua trasformatione in quello di sopra. La natura de i Villani è descritta felicemente ancora nella stanza: Chi mosso non havrian le dolci note.

La favola di Marsia ci da ad intendere, che quando vogliamo contendere con Iddio, non lo temendo come deve esser temuto; la sua omnipotenza ci fa presto conoscere che siamo piu flussibili che non è un fiume, togliendoci tutte le forze co ’l privarci della gratia sua; di modo che cadendo in terra il nostro vigore; si converte nell’acqua del fiume laquale non si ferma giamai; come non si potiamo fermar noi, quando siamo spicati da Dio che solo è la fermezza nostra.

La favola di Tantalo, ci dimostra l’huomo avaro, che intento ad adunare Thesoro, non lascia a dietro alcuna maniera di fatica, per satisfar’al desiderio suo; onde si dà all’agricoltura, e seminando il grano amato da esso, piu che se gli fosse figliuolo per l’utile che ne trahe, il lascia mangiare a i corpi celesti, i quali accompagnando il sole, il vengono a mangiare e dopo a ridurre in spiche sua prima forma. Il castigo di Tantalo è il medesimo che hanno gli avari che sono nelle ricchezze fin’alla golla, e non le godono, et hanno tutte le maniere de commodi, e non se ne fanno valere; però a simiglianza di Tantalo moiono di fame, e di sete.

La favola di Terreo, e di Progne, Philomena, e Iti, e le loro trasformationi, sono tolte dalla historia, perche Terreo come quello che era di natura fiero non pigliava cosa alcuna che per forza, per questo era detto figliuolo di Marte, isforzò la cognata; e non hebbe mai ardire considerando la sua grandissima sceleragine di apresentarse alla mogliera la quale stava di continuo stridendo, e ramaricandosi vestita di nero dell’infortunio della sorella; il che diede occasione alla favola che la fusse trasformata in hirondine, come anchora la sorella nel lusignolo che ci da a conoscere quanto piu il vitio tenta di soprimere la vertù, tanto piu ella s’inalcia, e fa conoscere la sua dolcezza perche havendola Terreo priva della lingua, perche non iscoprisse la sua sceleragine; le fu provisto da’ cieli della piu soave, e dolce favella, e del piu dilettevole canto che si possi udire. La trasformatione poi di Terreo in Upupa uccello vile, e che si pasce di sterco, significa che l’huomo empio, creduele e scelerato, non si pasce che di vivande immonde, sozze, e stomachevoli. Iti poi cangiato in Fagiano significa la semplicità, e innocentia del fanciullo come quello che non era colpevole delle sceleragini; essendo il Fagiano uccello incauto, e semplice. Si vede nella descritione di questa favola molte belle sententie, comparationi, conversioni, vage descrittioni, e spiriti affettuosi dell’Anguillara, sparsi giuditiosamente in questa trasformatione; come ne gli ultimi versi della stanza, Terreo fatte le nozze non s’arresta. Bella è la composizione della stanza: Come presa dal lupo humile agnella. Come è vaga ancora la conversione della stanza: O Barbaro crudel, Barbaro infido. E ’l grido sententioso della stanza: O Ferina lascivia, ò mente infame. Vaga la comparatione della stanza: Come Tigre crudele al bosco porta, come è vaga ancora la descritione dello sdegno di Borrea nella stanza: Dhe perc’hò l’arme mie poste in oblio.

Il rubamento di Orithia fatto da Borrea, e il piacere, allegoricamente, che si ruba con la prestezza, non si lasciando fuggire l’occasione; Calai Zeto, che cacciano le Arpie dalla tavola di Fineo è il cieco dall’avaritia, che ha accecati tutti i suoi figliuoli, non potendo il cieco avaro, haver