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Beneficio sarà, tal vo’ chiamarlo,
     S’io nel vostro pantan spengo la sete,
     E forse potrò un dì rimunerarlo
     Talmente, che di me vi loderete.
     Vedete ben, ch’à gran fatica io parlo
     Queste poche parole afflitte, e chete,
     Si le canne arse, e si lo spirto hò lasso,
     Ch’aprir non ponno al debil suono il passo.

Per voi conoscerò d’haver salvata
     L’alma, che più spirar non può nel petto,
     Perche la vita mia stà incarcerata
     Ne l’acqua, che da voi propinqua aspetto.
     Ne solo à me la vita havrete data,
     Ma à questi due, c’han dal mio seno il letto,
     E se punto d’amor nel cor v’alloggia,
     Tre vite salverà con poca pioggia.

Chi mosso non havrian le dolci note,
     Che d’ogni affetto havean l’aria cospersa?
     Ma l’ impudente stuol mancar non puote
     De la natura sua cruda, e perversa.
     Quanto più preghi il rustico, più scuote
     L’orecchie, e più s’ oppone, e s’attraversa.
     Quel, ch’egli vuol da se, rispinge, e scaccia,
     Ne sà quel, che si voglia, ò perche ’l faccia.

Prega ella, et ei se ben conosce, e vede,
     Che manca de ’l devero se non consente,
     Perche da pria no’l volle far, si crede,
     Che ne vada l’honor, s’egli si pente.
     Anzi quanto la Dea più prega, e chiede,
     Più diventa superbo, et insolente,
     Ne gli basta negando esser selvaggio,
     Che viene à le minacce, et à l’oltraggio.

Dopo l’ingiurie l’odiosa razza
     Salta per tutto ’l lago, e turba l’onde,
     E con piedi, e con man le rompe, e guazza,
     E di mille sporcitie le confonde.
     Tosto la Dea la turba infame, e pazza
     Sott’altra scorza infuriata asconde.
     Che quel nov’atto tanto le dispiacque,
     Che le fe prolungar la sete, e l’acque.

Et alzando la man, come potea,
     Impedita dal sen, che i figli porta,
     Disse, à quest’union malvagia, e rea
     Perpetua stanza sia quest’acqua morta.
     Già tutto ottien quel, che desia la Dea,
     E già l’humana effigie si trasporta
     In un folle animal picciolo, e strano,
     Amico de lo stagno, e del pantano,

Quanto più acquista il pesce, più l’huom perde,
     E più picciol divien, fuor, che la bocca,
     La schena punteggiata è tutta verde,
     La pancia è del color, che ’l verno fiocca:
     Non si trasforma il collo, ma si sperde
     Tanto, che il novo tergo il capo tocca.
     E anchor s’alcun và à ber, la sciocca turba
     Salta nel morto stagno, e ’l mesce, e turba.

Hor l’animal sott’acqua si nasconde,
     Hor gode sopra il ciel la testa sola,
     Hor col nuoto, hor col salto ei scorre l’onde.
     E se ben l’impudente è senza gola,
     Ó sia sott’acqua, ò sù l’ herbose sponde,
     Dà fuor l’ingiuriosa sua parola,
     E d’ogni intorno assorda il cielo, e ’l lido
     Co’l suo pien di bestemmie, e roco grido.

Poi che ’l novo miracolo si sparse,
     S’ordinò di parer di tutto il regno,
     Che per placar la Dea de l’ira, ond’arse,
     Di fede, e honor le si mostrasse un segno.
     Tanto, ch’ove la Rana al mondo apparse,
     Fabricar quell’altar soperbo, e degno,
     E ogni anno nel suo giorno il popol Licio,
     V’hà fatto, e farà sempre il sacrificio.

Parlato c’hebbe il fido peregrino
     S’incaminò ciascuno al suo viaggio.
     Si che scaldiamci al pio culto divino
     Con santo, e non colpevole coraggio:
     E non seguiam l’essempio contadino,
     Ne de l’altier di Tantalo lignaggio,
     Ma veneriam con fe l’officio santo,
     Come ne profetò la fatal Manto.