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primo. 3

Ma quei ciechi desir non furo spenti,
     Ch’erano già ne gli huomini caduti.
     Die l’avaro nocchier la vela à i venti
     Prima, che ben gli havesse conosciuti.
     Gli arbori eccelsi ne’ monti eminenti
     Per forza da gli artefici abbattuti,
     E ridotti altri in asse, et altri in travi,
     Si fer Fuste, Galee, Caracche, e Navi.

Ne fur molto securi i naviganti,
     Ch’oltre l’orgoglio de’ venti, e de’ mari,
     Molti huomini importuni, et arroganti
     Sù varij legni diventar corsari.
     La terra, già comune à gli habitanti,
     Come son l’aure, e i bei raggi solari,
     Fu fatta in mille parti; e posto il segno
     Fra cittade, e città, fra regno, e regno.

Ne l’huom contento da la ricca terra
     Trar le biade, e le sue più care cose,
     Andando quanto più potea sotterra,
     Cercò s’haveva altre ricchezze ascose,
     E ritrovovvi il nervo de la guerra,
     E de l’arme più dure, e perigliose,
     lo dico il crudo ferro, e micidiale,
     E l’oro più, che ’l ferro, empio, e mortale.

Scorta che fu la più ricca miniera,
     E quel metallo poi purgato, e netto,
     Se n’invaghiro gli huomini in maniera,
     Che per lui fero ogni crudele effetto.
     Di tu tant’empie cose empia Megera,
     Falsa Erinni, Tesifone, et Aletto,
     Voi tutte furie del regno di Dite,
     Voi, che le ritrovaste, voi le dite.

Va ’l ricco peregrino al suo viaggio,
     Ecco un ladro il saluta, il bacia, e ride,
     E fingendo amistà, patria, e lignaggio
     l’invita seco à cena, poi l’uccide.
     Il cittadin, più cortese, che saggio,
     Alberga con amor persone infide,
     Che scannan poi per rubarlo nel letto
     Lui, che con tanto amor diè lor ricetto.

Vede il genero, grave essere il seno
     De la moglier, che sarà tosto madre;
     E dando al ricco socero il veleno,
     Toglie à la fida moglie il caro padre.
     Un’altro, la cui figlia il ventre ha pieno,
     Con le sue mani insidiose, e ladre,
     Dando al genero ricco occulta morte,
     Fa pianger à la figlia il suo consorte.

Tra fratelli ogni amor si vede estinto
     Nel partir la paterna facultade;
     Vien dal proprio interesse ogn’un sì vinto,
     Che spesso la dividon con le spade.
     La matrigna crudel con viso finto
     À l’incauto figliastro persuade
     Che per suo ben l’occulto tosco pigli
     Per veder poi più ricchi i proprij figli.

Chi potria dir l’ingiuriose note,
     Ch’ogni dì nascon tra marito, e moglie?
     Chi per goder la roba, e chi la dote
     Cercando van come l’un l’altro spoglie.
     Egli l’uccide il figlio, ella il nipote
     Ella à lui, egli à lei la vita toglie.
     Fa ricco ella il su’ amor d’ogni rapina,
     Ei de la dote altrui la concubina.

Per nutrire il buon padre il dolce figlio
     Fatica, e suda, e sforza la natura.
     Spesso la vita sua mette in periglio;
     Per dargli il pane, à la sua bocca il fura.
     Poi ricco il face il suo savio consiglio,
     E ’l figlio ingrato morte gli procura;
     O rimbambito il finge, e di se fuore
     Per goder senza lui del suo sudore.

S’accendon l’aspre, et horride giornate
     Piene di sanguinosi alti perigli,
     Che spingono à morir le genti armate
     Sotto l’offese de’ lor fieri artigli;
     Onde le donne afflitte, e sconsolate
     Piangono i morti lor mariti, e figli,
     E ’l fanciullin con l’angosciosa madre,
     Resta senza governo, e senza padre.