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quarto. 69

E cosi Polidette suo congiunto
     Condusse seco il bel figliuol di Giove.
     Ma quando il vide à più begli anni giunto,
     E di lui scorse le stupende prove,
     E ch’al dolce aere ha tal valore aggiunto,
     Ch’ogn’un tira ad amarlo, ogn’un commove,
     Fù da qualche sospetto avelenato,
     Che non gli sollevasse un dì lo stato.

Dopo lungo pensar fece un convito,
     Per torgli (s’ei l’havea) questo disegno.
     E fatto fare un generale invito,
     Ad ogni huom di quell’isola più degno,
     Disse. poi che fe ogn’un lieto, et ardito
     Il liquor del vicin Cretense regno,
     S’havessi (io sarei ben del tutto lieto)
     Un don, ch’io vo tener nel mio secreto.

A pena fu questa parola udita,
     Ch’ogn’un da vero, e nobil cavaliero,
     Mostrò la mente haver pronta, et ardita,
     Pur, ch’egli discoprisse il suo pensiero,
     D’oprarsi con l’havere, e con la vita,
     Per far, c’havesse il suo contento intero.
     Ma Perseo più d’ogni altro ardito, e forte,
     Promise con più cor d’un’altra sorte.

Io giuro (disse Perseo) per quel Dio,
     Che mi vestì questa terrena spoglia,
     Che, per farti contento del desio,
     Ch’ascoso stà ne la tua interna voglia,
     (Pur che non porti macchia à l’honor mio,
     Sia ne l’animo tuo quel che si voglia)
     Io non mancherò mai, ne farò scusa,
     Se ben volessi il capo di Medusa.

Celebre allhora di Medusa il nome
     Era, ch’ogn’un facea diventar sasso.
     Ascoltò il cauto Polidette, e come
     Fù giunto il dir di Perseo à questo passo,
     Disse. io desio le serpentine chiome,
     E quel mostro di vita ignudo, e casso,
     E puoi tu più d’ogn’un tentar tai prove,
     Ch’aiuto havrai dal tuo parente Giove.

Se non l’havesse il forte giuramento
     (Che fece troppo subito) legato,
     Perseo de la promessa mal contento,
     Non sò, s’havesse tal peso accettato.
     Pur lasciato da parte ogni spavento,
     Disse. ho promesso, e tentar vo il mio fato.
     Verso il mar d’Ethiopia ardito passa,
     Dove il mostro infelice ogn’uno insassa.

Ma Mercurio, e Minerva, per salvare
     Perseo dal mostro dispietato, e fello,
     Perche nol fesse in sasso trasformare,
     Non mancaro d’aiuto al lor fratello:
     E dove, e come, e quando ei debbia andare,
     E come acquisti il viperin capello,
     L’informar d’ogni parte, di maniera,
     Ch’ei troncò il capo à la spietata fera.

Del sangue, che dal collo tronco sparse
     Medusa, in un momento fu formato,
     E innanzi à Perseo ben guarnito apparse
     Fuor d’ogni fede un gran cavallo alato.
     Perseo montovvi, e subito disparse,
     Che veder volle il mondo in ogni lato.
     Si drizza contra il Sole, e non s’arresta,
     Tenendo in man la mostruosa testa.

Hor mentre ver Levante il camin prende,
     E drizza per la Libia il primo volo,
     E da Favonio ad Euro si distende,
     E in mezzo stà fra l’uno, e l’altro Polo:
     Goccia la testa infame, e ’l sangue rende
     Gravido l’African non fertil suolo.
     Partorì poi la Libia di quel sangue
     Ogni più crudo, e più terribile angue.

Ne mai quel clima poi si vide mondo
     Di quei crudi, e pestiferi animali,
     Che quanto è più infelice, è più fecondo
     Il seme di noi miseri mortali.
     Perseo invaghito di vedere il mondo,
     Per tutto al suo destrier fa batter l’ali,
     Come nube agitata hor quinci, hor quindi,
     Da venti Sciti, Australi, Hiberi, et Indi.