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Havea la donna à l’Austro il viso volto,
     Secondo richiedea l’opposto altare,
     E ’l Sole il Cancro havea su ’l carro tolto,
     Con cui non molti dì dovea girare.
     Ne à Favonio havea anchor percosso il volto
     Per dritto fil, ch’egli era in su’l levare,
     Perche in quella stagion, quando appariva
     Ver Borea fuor de l’Orizonte usciva.

Per li balconi adunque à l’Euro opposti
     Nel tempio il Sol spargea raggi diversi,
     Pingendo i balcon stretti, e mal disposti,
     Che v’entravano anchor troppo traversi.
     Gli omeri ornati, e i crin vaghi, e composti,
     Il raggio ne l’entrar può sol godersi,
     Ma poi che fere il muro, e ripercote,
     Gode i dolci occhi, e le vermiglie gote.

Che se per linea retta il Sol s’accorge,
     Fà per quelli balconi à lei passaggio,
     Del leggiadro profil, ch’ in lei si scorge,
     Godra per dritto fil l’acceso raggio.
     Tosto à i destrier più lunga briglia porge,
     E gli sferza con studio à quel viaggio,
     E mentre ei s’alza, e goder meglio spera,
     S’abbassa il raggio, e fa più larga spera.

Come à quel punto fa l’aurea sua rota,
     Dov’Euro ver Favonio il vento sbocca,
     Gode il profilo, e la sinistra gota,
     Con gran contento suo le palpa, e tocca.
     Ella, ch’attenta stavasi, e divota,
     Co’l cor Giove adorando, e con la bocca,
     À la spia riscaldata di Vulcano
     Oppose il velo, e la sinistra mano.

L’abbarbagliato amante allhor si crede,
     Ch’ella il cerchi privar de la sua vista,
     Perche non l’ami, poi che la concede
     À più d’un bel garzon, ch’allhor l’acquista.
     E quanto meglio ornati amanti vede,
     Tanto maggior sospetto il cor gli attrista,
     E per troppo dolor le luci abbassa,
     Onde la spera sua splende più bassa.

Mentre più d’un ornato, e ben disposto,
     Costretto il caldo cor gli tien co’l gielo,
     E che ’l bel viso suo gli tien nascosto
     La donna con la man sinistra, e ’l velo,
     Vede un balcone à suoi bei lumi opposto,
     Che guarda ov’ei più s’alza à mezzo il cielo,
     Fà più ratto à destrier batter le piume
     Per giungervi, e scontrar lume con lume.

Dove vuol comparir si chiaro, e adorno,
     Di così illustri spoglie, e così rare,
     Che vedrà, che di quei, ch’ella ha d’ intorno,
     Alcun non v’ ha, ch’à lui possa esser pare.
     Hor mentre i destrier punge al mezzo giorno
     Per meglio il suo splendor quindi mirare,
     Nel tempio sempre qualche raggio invia,
     Che quel, ch’ivi si fa, riguarda, e spia.

Tosto, c’ha dato al sacro officio fine
     Il riccamente ornato sacerdote,
     Leva Leucotoe le ginocchia chine,
     Con le donzelle sue fide, e divote.
     Quel libro, che le cose alte, e divine
     Discopre à gli occhi altrui con ricche note,
     Ad una dà, che con l’ inchin l’honora,
     Il prende, e ’l bacia, e poi s’ inchina anchora.

À pena ha per partirsi alzato il piede
     Dal tempio, ove adorò la bella figlia,
     Che più d’un solar raggio, che la vede,
     N’avisa il Sole, et ei ritien la briglia.
     Al regal tetto suo la donna riede
     Con honorata, e splendida famiglia,
     Il caldo Dio, che di goderla intende,
     Con mille intorno à lei raggi risplende.

La porta incontra à Noto, e ’l regio Claustro
     Guarda, ella và verso Settentrione,
     E ’l Sol fa gir, che stà fra l’Euro, e l’Austro,
     L’ombre fra l’Occidente, e l’Aquilone.
     La spera allhor, che vien dal solar plaustro,
     La destra guancia à vagheggiar si pone,
     Ma perche troppo amor l’ha fatta ardente,
     S’oppon la destra, e ’l velo, e no’l consente.