Pagina:Otto mesi nel Gran Ciacco. Viaggio lungo il fiume Vermiglio di Giovanni Pelleschi.pdf/145


da corrientes alla frontiera 139


Io che vegliavo fino a notte inoltrata, tanto per fare il mio turno di guardia, come per approfittare di alcune ore quiete da studio, mi appressavo sovente a loro, che, sulle prime tacevano, ma dopo, incoraggiati dai miei hiss, tzilatác, bene, bello, e dal mio rispetto, continuarono sempre anche in mia presenza.

Finalmente, dopo venti giorni, l’ammalato guari.

Un modo strano di curare è quello per la ferita del pesce razza, la quale è dolorosissima e produce anche la morte. Cotesta cura consiste in sovrapporre la parte offesa, che suol essere la noce del piede, sul fumo che sale dalle schiappe ardenti del palo santo che è resinosissimo, e poi nel porsi a cavalluccio sulla ferita una donna nel suo periodo lunare. Mi si è assicurato, dai Cristiani che lo hanno provato, che è un rimedio efficacissimo.

Ogni cura però ha bisogno, per avere la sua virtù, che sia diretta da uno stregone o da una strega almeno.

Non può essere stregone uno chiunque, e siccome le cure se le fanno pagare secondo la malattia e la persona, o con pelli o con animali o con viveri o con altri oggetti, così questa professione dà luogo a camorre e a ciurmerie. Inoltre, per aggiungersi prestigio, si fanno precedere dal mistero e dallo straordinario. Così, nella tolderia di Granadero gli Indiani dicono d’un giovanetto, avviato già nella carriera, che da ragazzo sparì e che riapparve dopo due anni passati sotto terra tra gli ahót, che ve lo avevano trascinato per insegnargli l’arte e inoculargli la virtù di medico e di prete.

E a proposito di ciurmerie, una volta mi trovai a mal punto. Fui a visitare il cacicche Granadero che era uscito da una lunga malattia. Portavo meco, come sempre, un calamaio tascabile e una penna. Granadero se ne accorse e mi chiese che erano. Io credendo di fargli piacere, armo penna e calamaio e fo l’atto di scrivere, ma in quel momento vedo che Granadero si pone torvo e minaccioso... I suoi medici lo avevano appunto guarito poco fa dell’ahót, che lo aveva tormentato