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atto quinto. - sc.i. 369

                      (Ad Antonio.)
                                       A te mi volgo
Ora, o più tristo d’ogni tristo! a te
Che senza tema d’attoscarmi il labbro
Dir fratello non posso. Alle tue colpe
Nondimeno io perdono; e ciò soltanto
Che negar, pur volendo, a me non puoi,
Ti raddomando: il mio ducato!

                       alonso.
                                            Oh dunque,
Se Prospero sei tu, di’ per che modo
La tua vita salvasti, e qui, su questa
Isola ti trovammo, ove sbattuti
Dalla procella e naufraghi, la sponda
(Tre sole ore saran) noi pur toccammo;
Ed ove il figlio mio.... M’è strale al core
Questo pensiero!... il mio caro Fernando
Per sempre, oimè, perdei!

                       prospero.
                                      Ben ti compiango,
Signor!

                       alonso.
                 Questa mia perdita riparo
Non ha, nè per tal piaga ha medicina
L’umana pazïenza.

                       prospero.
                             Io penso invece
Tu non l’abbia invocata. Anch’io percosso
D’una perdita eguale, a lei mi volsi,
La richiesi d’ajuto, e mi fu larga
Di conforto.