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366 la tempesta.

Dal mio sdegno aspettar? Ma ti perdono,
Disumano qual sei. ― Già già comincia
L’onda del senno a rifluir; tra poco
Le spiagge coprirà, melmose ancora,
Della ragion. Nessun fin qui mi guarda,
Nessun mi riconosce. ― Entra, Ariele,
Tosto nella mia grotta, e qui mi porta
Spada e cappel. Cangiar di panni io voglio,
E, qual era in Milano, agli occhi loro
Manifestarmi. Affrettati, o mio Spirto;
Libero in breve ti farò.
                      (Ariele parte.)

                        ariele.
(ritorna, e mentre ajuta Prospero a cambiar vesti, canta).
«Come l’ape io suggo il fiore;
Caro tetto
M’è la gemma del mughetto;
E nell’ore
Che la Strige il suo lamento
Fa sentirmi, io m’addormento.
Se l’estate addio ne dice,
D’una nottola sul tergo
Le vo dietro e muto albergo.
In brev’ora
(Me felice!)
Vita libera, gioconda
Ne’ boschetti io condurrò.
Per dimora
Voglio scegliermi una fronda
E su lei dondolerò.»