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atto primo. - sc.iv. 271

                                        Al terzo giorno
Libero tu sarai, mio benamato
Arïel.
                      ferdinando.
                 (avvedendosi di Miranda.)
             Tu la diva, a cui sonaro
Quelle dolci armonie, per fermo sei.
Dimmi, se il prego mio non t’è molesto,
In quest’isola alberghi? Ove ciò fosse,
Dammi lume, consiglio; e pria fa’ pago
Il mio più vivo desiderio: uscisti,
Miracolo gentil, da grembo umano?

                       miranda.
Miracolo, o Signore? Una fanciulla
Sono e non più.

                      ferdinando.
                            Gran dio! La mia favella!
Se la terra mi avesse ov’ella suona
Sarei di tutti il primo: oh non ne fossi
Così lontano!

                       prospero.
                                Il primo tu? Ma quale
Stupor sarebbe il tuo se l’uom che tiene
Di Napoli lo scettro ora ti udisse?

                      ferdinando.
Meraviglia n’avrebbe, e non minore
Della mia, nell’udirti a far parola
Di quel re che mi ascolta e spreme il pianto
Dal ciglio mio. Di Napoli lo scettro
Solo, ahi lasso! ora io tengo. Ho con quest’occhi,