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atto primo. - sc.iii. 263

Sparo tosto una quercia, e fra’ nocchiuti
Visceri vi t’inchiovo, e ti condanno
A gemere, a gridar per sette e cinque
Verni.

                        ariele.
                Grazia, maestro! Ogni tuo cenno
Vo’ con zelo adempir. Quanto è concesso
A noi Spirti di far, volenteroso
Farò.

                       prospero.
         Se il fai la libertà ti dono,
Col sol del terzo giorno.

                        ariele.
                                         Or riconosco
Il generoso mio Signor. Che brami?
Parla! che far degg’io?

                       prospero.
                                      Prendi la forma
D’una ninfa marina, e non ti vegga
Occhio uman fuori il mio. Vanne, eseguisci,
Poi qui torna di volo.
              (Ariele sparisce. A Miranda.)
                                      Apri le ciglia!
Lascia il dolce tuo sonno, anima cara.

                       miranda.
Quel tuo racconto prodigioso i sensi
M’abbuiò.

                       prospero.
                    Ti riscuoti, e Calibano