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atto primo. - sc.ii. 255

Parecchi libri che levati avea,
Con gentil pensier, da’ miei scaffali.
Libri che più pregevoli mi sono
Del mio stesso ducato.

                       miranda.
                                          Oh lo potessi
Veder quell’uomo cortese!

                       prospero.
                                        In piè mi levo,
Tu seduta rimani, e dei travagli
Che sul mar tollerammo il fine ascolta.
Quest’isola ne accolse, e qui mi feci
Tuo maestro, o Miranda, e t’educai
Meglio che molti principi non fanno
Dati all’ozio, ai diporti, e non curanti
Di vegliar sulla prole.

                       miranda.
                                     Il Ciel ti possa
Rimunerar!... Ma, dimmi, a quale intento
tanta rabbia di flutti in mar levasti?
Dimmelo, padre mio, perchè tremarmi
Sento il cor tuttavia.

                       prospero.
                                  T’appago, o figlia.
La mia buona fortuna, or diventata
Mia gentil protettrice, a questa piaggia
Per un evento singolar condusse
Que’ miei tristi nemici, ed antevidi
Che da un astro, o figliuola, a noi benigno
Pende in quest’ora il mio zenit; ma quando