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atto primo. - sc.i. 241

                       gonzalo.
                                        Sta ben, ma pensa
Chi tieni a bordo, o marinar.

                       nostromo.
                                                  Nessuno
Che più caro mi sia della mia pelle.
Ma voi non siete un Consiglier? Su dunque,
Comandate al terribile elemento
Che s’appiani e si plachi, ed una fune
Noi più non toccheremo. Or via, spiegate
La vostra autorità! Ma se vi manca
Questo poter, levate a Dio le mani
Che tanta vita vi concesse, e chiuso
Nella vostra cabina, all’ultim’ora,
Che colpir vi potrebbe in tal momento,
Vi disponete.
                      (Ai Marinai.)
                    Ardir, miei figli!
                      (Agli altri.)
                                                   E voi,
Toglieteci l’impaccio.
                      (Parte.)

                       gonzalo.
                                         Un gran conforto
Costui mi dà. Che debba un ceffo tale
Affogar nol presumo. Ei m’ha di troppo
Cera da forca. O cara amica sorte,
Fa’ che penzoli al vento, e sia la nostra
Gòmena di salvezza il laccio suo.
Che giovino le nostre omai dispero.