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incontrano per le strade, sulle piazze e nelle chiese; le scuole normali e popolari sono frequentate dai figli di padri e di madri analfabetici.
I napolitani non si mostrano avversi alle leggi della vita civile 1. Ma tutto ciò non significa ch’essi sieno in grado d’intendere e di apprezzare i benefizi di un governo costituzionale, nè di compierne i corrispondenti doveri: ed in varie occorrenze gli antichi sudditi dei Borboni mostrarono invece di avere inteso soltanto che la dinastia dei loro re era mutata. Si ricordino i miei lettori certe elezioni avvenute nel 65, e confesseranno meco che i napolitani anch’essi hanno bisogno di essere educati alla libertà. Le doti che la natura ha loro compartito serviranno a rendere la educazione loro più facile e più pronta; ma converrebbe invero supporre ch’essi possedessero la così detta scienza infusa, per ammettere che i diritti ed i doveri dei popoli liberi e civili potessero essere noti a chi non ha mai goduto gli uni, nè avuto chi gli insegnasse gli altri, ad un popolo che fu sempre retto da un despota e da un clero fomentatore della superstizione e della ignoranza, che non conosce insomma via di mezzo fra una cieca obbedienza ed una sfrenata libertà.
Questa educazione civile e politica, chi pensa a darla ai napoletani? Si pubblicano giornali, o quotidiani o settimanali o mensili, accessibili per ogni conto al povero, e in cui si esponga il significato delle nuove istituzioni ad esso largite? Si sono aperti corsi pubblici e gratuiti in convenienti locali, ove il povero possa ricoverarsi, imparando a benedire la Provvidenza per la libertà acquistata ed intesa? Io non avrei scritte queste pagine, se avessi udito che una sola delle tante cose da farsi fosse stata fatta. Ma vedo gli anni succedersi rapidamente; vedo gli effetti della generale ignoranza rallentare e talvolta impedire il progresso del nostro nazionale sviluppo; e non vedo che si tenti rimediare a tale ignoranza dell’attuale generazione. Si insegna a leggere alla generazione futura, e si spera forse che questi nuovi letterati faranno buon uso della scienza acquisita per istruirsi in ciò che loro spetta di sapere. Ma parmi questa una vana speranza. I contadini lombardi hanno tutti, o pressochè tutti, frequentato, nell’infanzia loro, le scuole comunali; ma sino a che in codeste scuole non si acquista altro che uno strumento per imparare ciò che veramente è necessario sapersi, non si può sperare