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non meno degli Italiani, e che la nostra guerra essendo per conseguenza una guerra fratricida, egli non poteva parteciparvi, e richiamava pure le sue truppe. — Il gran duca di Toscana o non ne mandava, o ne mandava così parcamente, che non potevano recare gran danno al nemico nostro. — Attoniti e scorati per sì sfacciato ed inaspettato abbandono, i difensori che ne rimanevano, combattevano eroicamente, ma sentendosi già vinti. — In pochi giorni l’Austriaco toccava le porte di Milano, e dinanzi a lui andavano ritirandosi i nostri soldati umiliati ed impotenti.

I Lombardi fremevano, ed avrebbero preferito seppellirsi sotto le rovine delle loro città, piuttosto che vederle nuovamente occupate dall’odiato oppressore. — L’Italia tutta fremeva; ma i suoi fremiti erano vani. — I popoli non improvvisano le grandi risoluzioni. — Di nulla erano convenuti gli Italiani, se non di combattere e di vincere per prima cosa, e di pensar poi al modo di mettere la vittoria a profitto. La sorte delle armi ne era stata avversa, e non sapevamo far altro che fremere, sognare tradimenti, e maledire i traditori. — Chi voleva cacciare il Borbone, il Pontefice, il gran Duca, e persino Carlo Alberto, e costituirsi in republica. — Chi voleva ricondurre o per amore o per forza i principi sulla via del dovere; e rifuggivano dal pensiero della repubblica. — Mazzini imputava le nostre sventure alla fiducia che avevamo riposta nei Principi, e li dichiarava tutti, o traditori, o condannati ad incessanti disfatte per le colpe loro e per quelle dei padri.

L’ira contro le potenze europee, che ci vedevano cadere sotto la insanguinata scure dell’Austria senza stenderci la mano e salvarci; l’ira contro Carlo Alberto, al quale si attribuiva in quei giorni di avere pel primo profferite le mal augurate parole, l’Italia farà da sè, era generale, e si sarebbe potuto credere che il paese non avesse mai divisa l’erronea credenza nelle proprie sue forze.

Poniamo fine a queste dolorose ricordanze. — L’Italia non compianta ricadde sotto gli antichi ed abborriti dominatori, che si prefissero di opprimerla con sì pesante giogo, che più non potesse neppur sognare nuove rivoluzioni. L’Italia non cadeva tutta in un giorno stesso. Due città resistettero più a lungo delle altre, e in queste due città, che Mazzini o i suoi discepoli reggevano con forma popolare, la diplomazia esercitava poca influenza, e forse non ambiva di eserci-