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scienza dell’opera sua; ma quest’opera fu da esso condotta al suo fine con mirabile rapidità ed ordinamento. Quelle popolazioni, che per tanti secoli non avevano avuto altro oggetto che di procurarsi i comodi della vita, nè altro furore, se non contro coloro ch’erano favoriti dalla sorte, abiurarono repentinamente gli odi antichi e le antiche aspirazioni, per confondersi tutte in un solo amore ed un solo odio: amor di patria ed abborrimento dello straniero dominatore.
Chi avesse visitata l’Italia negli anni che seguirono dal 40 al 48 avrebbe creduto di sognare. Quelle popolazioni, sepolte nella secolare ignoranza, che è il più prezioso strumento di qualsiasi tirannide, quelle popolazioni indifferenti a tutto ciò che non toccava direttamente i loro materiali e ristrettissimi bisogni o interessi, quelle popolazioni molli ed effeminate, amanti dei loro comodi, dei loro ozi, e dei loro personali piaceri o passioni, sorde ad ogni voce che tentasse ispirar loro l’amore di un bene non tangibile, quali sarebbero la libertà, l’indipendenza, la gloria; quelle popolazioni erano trasformate. Un non so che di fiero nobilitava quelle fisionomie pur sempre belle, ma per lo addietro troppo sensuali e piuttosto accorte che intelligenti.
Gli ozi e gli amori più non assorbivano tutti i desideri della gioventù. Le proscritte parole di patria e di libertà, erano sopra tutte le labbra, e si vedeva che ivi erano spinte dai cuori. L’ignoranza, quella piaga letale imposta dal dispotismo agli schiavi, e così poco conforme al naturale degli Italiani, l’ignoranza, non era stata nè combattuta nè vinta regolarmente e scolasticamente; ma alcune idee fondamentali e chiaramente espresse dai discepoli del Mazzini erano bastate a distruggerne i più perniciosi effetti e a mettere questa stessa ignoranza in sospetto di mala cosa. Quasi in tutte le provincie italiane, e da tutte le classi sociali, si sapeva oramai quali erano a un dipresso i confini naturali d’Italia, e quali i diritti ed i doveri di tutti coloro ch’erano nati fra codesti confini. Si sapeva che il mondo abitato si divide in nazioni; che i popoli componenti queste nazioni sono fra di loro stretti da comuni interessi, diritti e doveri; che la sventura d’Italia era stata la ignoranza di queste verità, e l’aver sempre scambiato l’amore del luogo natio per l’amore di patria, nutrendo come legittimi e doverosi sentimenti la gelosia e la rivalità fra Italiani di diverse provincie, e una rispettosa fiducia negli stranieri che opprimevano una parte qual si fosse d’Italia. — Si sa-